La danza di Samuel Beckett tra humor nero e tragedia

Stoccolma 1969, il Premio Nobel per
la letteratura va a Samuel Beckett. Seduto elegante in platea
con la moglie Suzanne, le lancia uno sguardo ed esclama ‘è una
catastrofe’. È l’inizio di Prima Danza, Poi Pensa, il biopic sul
grande drammaturgo irlandese diretto da James Marsh e con
mattatore Gabriel Byrne che dopo la premiere al festival di
Torino arriva in sala dal 1 febbraio con Bim.
    Il film, che vede nel cast anche Sandrine Bonnaire, Fionn
O’Shea, Aidan Gillen, Bronagh Gallagher, Robert Aramayo,
racconta tutta la vita dell’autore di Aspettando Godot, Finale
di partita, Commedia, Giorni Felici, a partire dal rapporto da
bambino con l’anaffettiva e esigente madre per proseguire con
l’amicizia con James Joyce, l’impegno durante la resistenza
nella Parigi occupata dai nazisti, l’amore di una vita con
Suzanne Déchevaux-Dumesnil sposata solo nel 1961 e quello senile
per Barbara Bray, sceneggiatrice della Bbc.
    Scritto da Neil Forsyth, Prima Danza, Poi Pensa è un classico
film biograficoche dimentica volutamente alcuni episodi (come la
relazione con l’ereditiera Peggy Guggenheim), ma introduce al
mondo di Beckett provando a restituirne humor nero, profondità
intellettuale, attingendo per i dialoghi al patrimonio artistico
di uno dei quattro grandi dublinesi con Wilde, Joyce e Yeats
(tutti insieme nel libro del critico letterario Richard Hellman
in uscita il 2 febbraio per Odoya).
    Nel film, che ha diretto il regista premio Oscar di Man On Wire
e La teoria del tutto, è lo stesso grande autore Beckett a
rievocare alcuni eventi fondamentali della sua vita, pensando a
chi vorrebbe lasciare i soldi del Nobel. Di fronte a lui, in un
dialogo immaginario, c’è il suo doppio o meglio la sua coscienza
che lo pungola su tutte le miserie umane che hanno riguardato
anche lui. I suoi rimpianti, la sua codardia, ma anche la sua
grandezza di indagatore dell’anima.
   

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