Black Tea, l’amore senza frontiere tra Africa e Cina

Globalizzazione, amore e l’incontro
inevitabile di due continenti come Africa e Asia (in questo caso
la Cina).
    In questa Babele di lingue e colori di pelle si muove Black Tea
che vede il ritorno alla Berlinale di Abderrahmane Sissako,
regista di Timbuktu, con questa storia d’amore senza frontiere.
    Precedentemente intitolato The Perfumed Hill, il film che in
Italia sarà distribuito da Academy Two, racconta la storia di
Aya, (Nina Mélo), una donna che abbandona la Costa d’Avorio dopo
aver lasciato, con un colpo di scena, sull’altare il promesso
sposo che l’aveva tradita, per iniziare una nuova vita a
Guangzhou, in Cina, dove la donna ivoriana sperimenta un tipo di
libertà che non poteva sentire nella società soffocante da cui è
fuggita.In questo distretto dove la cultura africana incontra
quella cinese, la donna viene assunta in una boutique di tè di
proprietà di Cai (Han Chang), un cinese più grande di lei.
    Nel magazzino del negozio, quest’ultimo decide di iniziare Aya
alla cerimonia del tè e la loro relazione si trasforma così
lentamente in tenero amore.
    Per Sissako questo film è un assaggio del mondo a venire e un
promemoria di come “è un lavoro che non riguarda solo l’Africa,
perché la geografia è troppo riduttiva nel cinema. Volevo
mostrare però quel volto dell’Africa che non si vede spesso,
quello di un paese da cui le persone migrano non necessariamente
per motivi economici. Non è più tutto eurocentrico, ci sono due
giganti ormai: la Cina da un lato, e l’Africa dall’altro, ma
soprattutto volevo parlare di donne, non solo di donne africane,
ma di donne nella loro ricerca di libertà”.
    E ancora il regista: “Per me, l’immigrazione non è una questione
di geografia, ma piuttosto di cosa provi prima di lasciare un
posto. Questa è la vera immigrazione ovvero il sogno di fare
qualcosa: essere liberi di sognare”. Nato in Mauritania è
cresciuto poi nella patria di suo padre, il Mali, prima di
emigrare per studiare alla scuola di cinema di Mosca e poi
stabilirsi in Francia. È stato proprio mentre viveva a Parigi
che è iniziata la sua carriera, anche se è tornato più e più
volte in Africa negli anni successivi per fare film come Life on
Earth (1998), Waiting for Happiness e Bamako (2006).
   

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