lunedì, 25 Novembre 2024
Nel sud est asiatico nuova linfa per l’Isis
Le forze dell’ordine di diverse nazioni del sud-est asiatico sono in stato di massima allerta dopo che i Talebani e quindi Al-Qaeda e la “rete Haqqani, si sono ripresi l’Afghanistan. I servizi di intelligence di paesi come le Filippine la Malesia o l’Indonesia che è il più grande paese musulmano al mondo per numero di credenti, con circa 225 milioni di fedeli (l’86,7% della popolazione indonesiana dato 2019), sono certi che i gruppi terroristici locali sia dell’ISIS che di Al-Qaeda siano in fibrillazione.
Il dato per quanto riguarda l’Indonesia emerge da una serie di valutazioni fatte dal “Densus 88” la sezione antiterrorismo della polizia nazionale che monitora i social media e altre fonti dove si manifestano da giorni i simpatizzanti dei Talebani. “Ci sono gruppi in questo paese che simpatizzano con i talebani”, aveva dichiarato il 19 agosto scorso Boy Rafli Amar, capo dell’Agenzia nazionale antiterrorismo dell’Indonesia. Timori che il ministro degli Esteri Retno Marsudi aveva espresso poche ora prima dell’attacco all’aeroporto di Kabul all’alto funzionario talebano Sher Mohammad Abbas Stanekzai al quale aveva chiesto durante un incontro a Doha ( Qatar) “che l’Afghanistan non diventi un terreno fertile per l’organizzazione e le attività terroristiche”.
L’estremismo islamico minaccia e colpisce da anni l’Indonesia e le operazioni antiterrorismo sono sempre più frequenti; l’ultima quella che ha impedito una strage prevista per lo scorso 17 agosto giorno dell’indipendenza dell’Indonesia. L’attacco organizzato dai jihadisti del gruppo “Jemaah Islamiyah” affiliato ad Al-Qaeda, prevedeva una serie di kamikaze che si sarebbero fatti saltare in aria durante le celebrazioni. Imponente il numero degli arrestati che sono stati 58. La “Jemaah Islamiyah” colpisce anche gli stranieri come accadde nel 2002 a Bali dove morirono il 12 ottobre 2002 morirono 202 persone (210 feriti) nel terribile attentato avvenuto nella zona turistica di Kuta e quelli nel 2009 che presero di mira gli hotel Marriott e Ritz-Carlton a Giacarta ( 12 morti) e decine di feriti. Esiste storicamente un forte legame tra l’Afghanistan e i veterani della “Jemaah Islamiyah” che hanno ricevuto negli anni ’90 addestramento militare nei campi voluti da Osama Bin Laden.
Molte preoccupazioni le genera anche il gruppo “Jamaah Ansharut Daulah” legato all’ISIS responsabile degli attentati di Surabaya del 2018 (dieci morti) e agli attentati della cattedrale di Jolo del 2019 ( 20 morti). Massima allerta anche nelle Filippine come ha sottolineato ai media locali il segretario alla Difesa Delfin Lorenzana, prendendo atto dell’attacco a Kabul ” “Talebani o non Talebani, abbiamo sempre considerato l’estremismo locale una grande preoccupazione. L’Afghanistan non è l’unico Paese che potrebbe fornire incoraggiamento o ispirazione ai terroristi locali”. I musulmani costituiscono solo il 6% circa della popolazione filippina in quello che è un paese a maggioranza cristiana tuttavia, nell’isola meridionale di Mindanao, gli estremisti islamici combattono da decenni il governo centrale. Proprio Mindanao nel 2017, fu teatro della battaglia durata cinque mesi tra il gruppo estremista “Abu Sayyaf” ( al-Harakat al-Islamiyya) legato all’ISIS e i militari filippini. Morirono più di 1.100 persone da entrambe le parti. Insorgenza che cova sotto cenere anche oggi visto che sono ancora centinaia i miliziani in agguato a Mindanao.
Stesse preoccupazioni condivide la Malesia dove da tempo le operazioni anti-terrorismo si susseguono perché anche a causa della sua posizione geografica, è diventata un punto di transito tra il Medio Oriente e le Filippine meridionali. La Malesia è diventata la base perfetta per il reclutamento e il finanziamento di diversi gruppi jihadisti, alcuni dei quali affiliati all’ISIS. La presenza sul territorio di elementi affiliati a “al-Harakat al-Islamiyya” piu’ conosciuto come “Abu Sayyaf”, del “Fronte di Liberazione Islamico Moro”, del “Daulah Islamiyah” o “Gruppo Maute”, oppure alla “Jemaah Islamiyah” e di molti altri gruppi salafiti, hanno fatto scattare l’allarme rosso nei palazzi della capitale Kuala Lumpur. Vero che il governo malese non consente il rientro dei suoi foreign fighters (almeno 150) ma nessuno è in grado di dire quanti di loro sono morti in battaglia e quanti sono riusciti a tornare illegalmente in patria.
Senza dimenticare che il governo malese negli anni ha mantenuto un’atteggiamento a dir poco ambiguo con gli estremisti islamici visto che ospita numerosi predicatori del male come l’estremista tedesco- palestinese Ibrahim Abou Nagie, fondatore del gruppo di predicazione salafita Die Wahre Religion – LIES!(messo fuorilegge in Germania e Austria per le sue attività di supporto ai gruppi terroristici oppure l’incendiario predicatore indiano Zakir Naik alias Abdul Karim Naik piu’ volte condannato nel suo paese odio religioso e anche per numerosi reati finanziari e operazioni di riciclaggio grazie alle quali è diventato multimilionario. Ora i membri dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico sperano che il ritiro degli Stati Uniti dall’Afghanistan consentirà agli americani di svolgere un ruolo maggiore nella loro regione anche per evitare la recrudescenza del terrorismo islamico.
Il 23 agosto il primo ministro di Singapore Lee Hsien Loong ha parlato dei legami tra la “Jemaah Islamiyah” e al-Qaeda in Afghanistan durante la conferenza stampa congiunta con il vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris.”Idee e capacità estremiste sono state esportate da lì in tutta la nostra regione e rappresentano una minaccia alla sicurezza anche per Singapore”. Infine l’arrivo dei profughi dall’Afghanistan nel sud-est asiatico desta molte preoccupazioni per la possibile diffusione dell’estremismo. Secondo il quotidiano in lingua inglese “Jakarta Post”, sono già 7.4490 cittadini afghani che “sono diventati il più grande contingente di rifugiati accolti dall’Indonesia”. Intanto mentre scriviamo queste righe è arrivata la notizia dai canali dell’ISIS, che tre soldati dell’esercito filippino sono morti in uno scontro a fuoco avvenuto nella Provincia di Lanao del Norte, nella Regione del Mindanao Settentrionale.