Venezia: La tana, amore giovane, malattia e scoperta di sé

(ANSA) – VENEZIA, 06 SET – Due personaggi opposti, Giulio
(Lorenzo Aloi), diciottenne aperto e ottimista e Lia (Irene
Vetere, già interprete di Notti magiche di Virzì), ventenne
immersa nella mancanza di speranza per l’impegno di doversi
prendere cura di una madre con una malattia neurodegenerativa,
sono i protagonisti di La tana, l’intensa opera prima di
Beatrice Baldacci, realizzata nell’ambito di Biennale College
(il programma che accompagna giovani autori nello sviluppo e la
realizzazione di lungometraggi a micro budget), al debutto alla
Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. “Abbiamo cercato di svelare il mistero dei personaggi pian
piano, proprio come loro fanno nel percorso di scoperta di se'”
spiega la giovane autrice all’ANSA. Il film (produce Lumen
Films) si ricollega al corto documentario di Beatrice Baldacci, Supereroi senza superpoteri, presentato nel 2019 al lido in
Orizzonti, nel quale la regista ripercorreva attraverso immagini
di filmini famigliari la sua infanzia e il rapporto con una
madre malata. Una tematica presenta anche in la tana, dove la madre malata di Lia è interpretata da Helene Nardini. “E’ un
elemento che sentivo ancora molto forte da esprimere. Il corto
però è autobiografico, mentre qui ho ho fatto affidamento a due
personaggi, alla rielaborazione della finzione, anche se Lia in
alcuni tratti è simili a me”. Nella storia, ambientata in
un’avvolgente campagna estiva, Giulio, che ha deciso di non
partire in vacanza per restare nella casa di famiglia con i
genitori si ritrova Lia come vicina, nel casale semi abbandonato
dove la famiglia della ragazza non veniva da molti anni.
    Misteriosa e silenziosa, Lia all’inizio fatica a rapportarsi
alla vitalità di Giulio, coinvolgendolo però in piccole sfide
sempre più pericolose. Una chiusura legata alla decisione della
ragazza, di prendersi cura da sola della madre. I protagonisti “che condividono anche se in forme diverse, una grande
solitudine, si trovano in relazione con i limiti del corpo: da
una parte la malattia, dall’altra la giovinezza – conclude la
regista -. La natura li guida come simbolo di qualcosa che
muore ma rinasce sempre ed è anche ciò che porta Lia a fare la
scelta finale nel film”. (ANSA).
   

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