A Venezia non convince l’ucraino Reflection

(ANSA) – VENEZIA, 07 SET – In un’edizione del concorso di
qualità medio alta arrivano i primi ‘buu’ in questa 78/a
edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. È
successo per REFLECTION di Valentyn Vasyanovych, film ucraino in
concorso, di 125 minuti, che ha raccolto più di qualche dissenso
a fine proiezione in sala Darsena. Una cosa che forse non ha
sorpreso neppure il regista che aveva dichiarato: “Il film si
rivolge a un pubblico pensante, un pubblico che non ha paura di
sollevare domande dure su traumi pesanti e che non ha paura di
cercare risposte. Non è un film fatto per intrattenere, è un
film difficile, pesante addirittura”.
    Di che parla REFLECTION? Nella parte iniziale mostra scene
davvero scioccanti delle torture russe ai soldati ucraini nel
2014, poi una sorta di riabilitazione alla vita normale del
protagonista del film: ovvero il medico Serhiy (Roman Lutskiy)
fatto prigioniero e torturato dai militari russi. Il poveraccio
non solo è fatto oggetto di ogni umiliazione e tortura, ma dopo
le innumerevoli sevizie Serhiy diventa testimone di quelle fatte
ai suoi commilitoni. E questo in quanto medico e dunque capace
di valutare lo stato del torturato. Per quanto riguarda le
torture si va dallo strangolamento alle scariche elettriche,
fino all’uso di un trapano da conficcare nelle carni. Violenze
che hanno, come d’altronde tutto il film, l’aggravante del tempo
reale, nulla è risparmiato in questo senso.
    Nel tornare a casa, il dottore cerca una sorta di redenzione,
aiutando la sua bambina a crescere, ricco, questa volta, di
un’esperienza tragica che lo ha cambiato profondamente. “Avevo
deciso che per questo film avrei scelto attori non
professionisti che avessero avuto esperienza in prima persona di
operazioni militari e che avessero partecipato in guerra – dice
il regista – . Li ho scelti così sia come attori che come
consulenti. È stata una grande soddisfazione quando, alla
premiere in Ucraina, tra i soldati presenti molti hanno
confermato l’autenticità delle scene. Ovviamente questo è un
film piuttosto cruento. È un’esperienza emotiva che vogliamo
offrire al pubblico, un modo di rivivere la storia quasi come
con un documentario”. (ANSA).
   

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