Istat ed Ocse confermano la corsa del Pil italiano. Ma è presto per esultare

Il “paziente Italia” ha tutte le carte in regola per “guarire” dalle conseguenze economiche del Covid in tempi rapidi. Dopo i dati confortanti dell’Istat circa la crescita dell’inflazione nel nostro Paese (e quel che questo significa) arrivano le percentuali Ocse circa l’aumento del Pil nell’aerea euro.

Per il 2021 l’Ocse stima per l’Italia una crescita del 5,9%, dopo “la contrazione dell’8,9% nel 2020, una delle più significative rilevate tra i Paesi” dell’area.

Il Pil italiano tra i migliori d’Europa

La crescita del Prodotto Interno Lordo dell’Italia è tra le maggiori dei Paesi che fanno parte del G7 anche per rimbalzo al profondo rosso subito nei primi mesi della pandemia quando il Covid pareva essersi accanito proprio sul nostro Paese.

L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico osserva come “un significativo sostegno fiscale nel 2021 favorirà la ripresa nel breve termine, con l’accelerazione dei tassi di vaccinazione e l’allentamento delle restrizioni”.

Per il futuro, avverte però l’ente, “più ingenti investimenti pubblici, ivi inclusi quelli finanziati dai fondi Next Generation Eu, unitamente a una maggiore fiducia e livelli di domanda più elevati, sosterranno gli investimenti nel settore privato”.

Occhio a non abbassare la guardia

Tuttavia, aggiunge l’Ocse, “rispetto ad a tre grandi economie, in Italia la ripresa continuerà a ritardare, con un Pil che recupererà i livelli del 2019 solo nel primo semestre del 2022”.

L’Ocse sottolinea i rischi di un preventivo abbassamento della guardia da parte delle istituzioni.

“Revocare troppo prematuramente i sostegni agli individui e alle imprese – si legge nel documento ufficiale – genererebbe più fallimenti, meno occupazione e maggiore povertà”.

Di qui l’invito a “continuare a fornire sostegno fiscale, sempre più mirato, fino a quando la ripresa non sarà consolidata nei settori economico e occupazionale”.

I buoni dati congiunturali del Pil si aggiungono ai recenti numeri Istat circa la rinnovata crescita dell’inflazione in Italia.

L’ottimismo di Istat

Secondo l’Istituto nazionale di statistica i dati del primo semestre sono incoraggianti : “Il progresso delle campagne vaccinali – scrive Istat – e le politiche di sostegno ai redditi di famiglie e imprese continuano a trainare la ripresa internazionale” e poi aggiunge “Le prospettive per l’economia italiana si mantengono particolarmente favorevoli, e sono confermate dalla decisa ripresa della fiducia di consumatori e imprese”

Più cauto è invece il Professor Roberto Perotti, docente di economia dell’Università Bocconi di Milano secondo cui il problema principale legato all’inflazione è connesso alla politica monetaria globale che non potrà essere accondiscendete per sempre. Spiega Perotti a Panorama.it : “E’ vero che gli investimenti stanno andando bene, ma bisogna tenere in conto che si tratta di un naturale contraccolpo figlio della recessione”.

Secondo Perotti, infatti, “Siamo sempre 10 punti percentuali più in basso rispetto alla situazione pre Covid e siamo il Paese in Europa che è rimasto più indietro rispetto al livello economico precedente alla pandemia. Quindi, è ovvio, che un rimbalzo ci sarà, ma di quanto è difficile dirlo. Bisogna tener presente, ad esempio, che gli Stati Uniti sono già a un livello di crescita economica superiore a quello precedente al virus e gli altri paesi europei ci si stanno avvicinando”.

In Italia, del resto, è in continua crescita la povertà assoluta che nel 2020 ha riguardato oltre 2 milioni di famiglie (7,7% dal 6,4% del 2019) e più di 5,6 milioni di individui (9,4% dal 7,7%). Coerentemente con l’andamento dei consumi, la condizione peggiora di più al Nord che al Centro e nel Mezzogiorno.

Come sottolinea ancora l’Istituto Nazionale di Ricerca “Il sistema produttivo italiano ha subito pesantemente gli effetti economici della crisi sanitaria. Nel primo semestre del 2020 oltre tre quarti delle imprese industriali con almeno 20 addetti hanno registrato ampie cadute di fatturato, sia sul mercato nazionale sia su quello estero”.

Stando al Rapporto Istat “segnali di recupero più diffusi si sono registrati nella seconda parte dell’anno e nel primo trimestre 2021”.

L’incognita Pnrr

Secondo il professor Perotti a sbilanciare da una parte o dall’altra l’ago della crisi sarà la capacità di gestione politica ed economica della variante delta e la capacità di gestione della valanga di soldi che l’Italia riceverà con il Pnrr.

“Tutti dicono che i soldi europei – sostiene l’economista della Bocconi –serviranno per tirarci fuori dai guai, non ne sono così sicuro, anche perché sono spalmati su diversi anni. Certo, si tratta di un fiume di denaro, quindi anche solo il fatto che verrà speso di per sé quasi inevitabilmente determinerà un aumento del Pil. Si tratta di 200 miiardi in 4 anni, quindi sono 40 miliardi l’anno che sono più di 2 punti percentuali del Pil da soli; ma che il budget Pnrr aumenti la crescita del paese ho i miei dubbi. Quello che conta in economia è il tasso di crescita, non l’impulso momentaneo che dura 2 anni”.

La congiuntura globale

La recessione globale, del resto, è stata violenta e di breve durata, con un rimbalzo favorito dalle misure di sostegno e una ripresa dell’attività economica in tutte le principali economie.

Il Pil italiano, dopo la caduta dell’anno passato (-8,9%) dovuta essenzialmente al crollo della domanda interna, è previsto in rialzo del 4,7% nel 2021.

L’Istat sottolinea che nella manifattura l’aumento dei ricavi ha coinvolto quindici settori su ventitré, ma solo nove – che pesano per oltre il 40% sull’indice di fatturato totale – sono tornati ai livelli pre-crisi. In quasi tutti la domanda interna è stata più vivace di quella estera. Nel terziario il recupero è ancora incompleto ed eterogeneo: a marzo 2021 il livello dei ricavi è ancora inferiore di oltre il 7% rispetto a quello registrato a fine 2019.

Cosa determina la crescita di un Paese

Secondo il Professor Perotti “Storicamente l’impulso alla crescita economica a lungo andare dipende dalla produttività, e cioè, tecnicamente, da quanto un soggetto produce in 1 ora di tempo. Nei singoli anni la crescita può essere dovuta a un aumento della domanda o dei consumi, ma sul lungo periodo è solo connessa al tasso di sviluppo della produttività e l’Italia è il paese europeo che da tempo ha il tasso di produttività più basso dell’unione. Le ragioni di questa stagnazione non sono chiare neppure agli economisti, ma visto che nessuno sa bene perché la produttività italiana sia in stagnazione nessuno sa come farla ripartire. Se lo sapessimo – conclude – avremmo già fatto ripartire l’economia italiana. Non ci sono motivi di pessimismo, ma non è possibile fare previsioni, sarebbe imprudente e irresponsabile in un momento tanto delicato”.

Leggi su panorama.it