Sport in streaming: emozione veloce, vita vuota

Nello sport visto sui media ormai si cercano i momenti salienti. Ma così si perde la «costruzione» delle esperienze, con una fruizione che annulla le passioni. Non soltanto quelle agonistiche.


Secondo uno studio del Financial Times calano come si dice a «vista d’occhio» i giovani che seguono lo sport in tv e che, invece, lo seguono come si dice «scrollando» sul web in cerca degli «highlights», i momenti più salienti, oppure si orientano verso forme ibride tra sport e intrattenimento con quel nuovo fenomeno che si chiama «entersportainment». Sempre secondo il quotidiano inglese, a livello planetario, solo il 31 per cento degli appassionati di età fra i 18 e i 24 anni guardano match dal vivo contro il 75 per cento di chi ne ha più di 55. Un altro studio condotto da Morning Consult rivela che negli Stati Uniti la metà della Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012) non ha mai assistito a un evento sportivo dal vivo. Pur considerandosi per il 53 per cento «appassionato di sport» contro il 69 per cento dei Millennial (quelli nati prima).

Insomma, si potrebbe dire in un certo senso che lo sport sta invecchiando e i giovani in qualche modo se ne stanno allontanando. Anche se, come ha di recente affermato Sandro Piccinini che di sport se ne intende e molto: «Non dimentichiamo che le fasce di età intorno ai 40-50 anni sono quelle che interessano di più le aziende pubblicitarie e» prosegue il giornalista, «non vorrei che un eccesso di enfasi su questi studi portasse la Fifa a stravolgere troppo le regole. Il calcio, come ogni sport, è anche tradizione». A cosa è dovuto questo fenomeno? Dal calo progressivo e pauroso dei livelli del tempo di attenzione di cui sono capaci i frequentatori del web appartenenti alle ultime generazioni che abbiamo detto.

Purtroppo, non è solo una questione di sport, è una questione complessiva, e secondo me anche un po’ compulsiva, che porta a fruire qualsiasi tipo di conoscenza e relazione, financo sentimentale, nel tempo più veloce possibile. È come se queste generazioni volessero contrarre il tempo perché, contraendolo, è maggiore l’emozione provata: meno tempo equivale a più emozione. Non è, a mio avviso, un fatto positivo, anzi, è rivelatore di un modo di accostarsi alla propria vita che non lascia spazio alle emozioni lunghe, a quelle che durano e forgiano poco alla volta la personalità, alle emozioni che richiedono tempi lunghi e la pazienza di crescere in esse. È come se si volesse trasferire la brevità di attenzione del web e farla divenire il canone generale della propria esistenza.

Vedete, il fatto che non si guardi una partita di calcio per intero, ma se ne cerchino gli highlights sul web, vuol dire che non interessa l’esperienza complessiva della competizione ma solo i momenti top, quelli più alti, i più coinvolgenti. Non ci si rende conto che un momento coinvolgente – per esempio in una partita – diventa molto più appassionante se rimane all’interno della gara e non se ne viene estratto un pezzo, perché è quello che si pensa possa dare maggiore emozione. Se ciò è vero nel gioco calcio poi è facile trasferirlo nella vita alla ricerca continua dei momenti di emozione alta, come quelli virtuali, e non quelli con i tempi lunghi dell’esistenza reale che il virtuale, pur provandoci, non può togliere di mezzo. È interessante che quel 31 per cento di cui abbiamo parlato, dei fan compresi tra 18 e 24 anni, guardino un match dal vivo e non negli highlights, ma è interessante vedere le statistiche che ci dicono i follower degli sport più popolari dei social media, naturalmente la fonte è americana ma è rivelatrice. Oltre 100 milioni seguono il wrestling, oltre 20 milioni il basket, sempre intorno ai 20 milioni le arti marziali miste, sui 15 milioni il football americano, sui cinque milioni la Premier League, sempre intorno ai quattro-cinque milioni il baseball.

L’imponente quota che segue il wrestling racconta come quei follower seguano qualcosa che si consuma violentemente e velocemente. Se vuoi provare un’emozione con il wrestling non occorre che tu veda tutto l’incontro, lo puoi fruire mentre spacchi la legna così ti dà un po’ di carica in più. Anche le famose casalinghe di Voghera guardavano le soap opera stirando (e quante camicie sono state bruciacchiate) ma seguivano una storia, si appassionavano alla trama, attendevano la puntata successiva con ansia. Lo stesso vale per coloro che guardano lo sport dall’inizio alla fine e, pur non essendo uno psichiatra, né conoscendo troppo le dinamiche del cervello, sono certo che le emozioni provate da chi segue un’intera partita siano maggiori di quelle di chi ne pilucchi solo gli highlights. E sapete perché sono maggiori? Perché inserite in una storia, e non prese a sé, hanno più spessore e, dentro la nostra mente, permangono per più tempo e con maggiore vividezza.

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