martedì, 26 Novembre 2024
>ANSA-FOCUS/Le povere creature e l’anima nera di Stefano Bessoni
(dell’inviata Cinzia Conti) Dalle ossa agli stracci, dai
giocattoli rotti agli oggetti scartati o dimenticati nelle
soffitte. A Cartoons on the Bay le “povere creature” di Stefano
Bessoni protagonista con la mostra “Stop-motion e altre scienze
inesatte” all’Aurum incantano e assieme perturbano i tantissimi
visitatori di tutte le età. In un mondo colorato e gommoso come
quello dei cartoons, spiccano le sue figure strane e
disturbanti. “Ho amato il film di Yorgos Lanthimos – dice
l’artista in un’intervista – perché mi ha ricordato tantissimo
La città dei bambini perduti e al di là della storia bellissima,
dell’interpretazione e dei personaggi, all’interno di quel film,
nonostante non sia fatto poi in animazione stop motion, c’è
tutto il concetto di questo tipo di animazione: l’assemblaggio
di materiali differenti, di creature, per l’appunto che
apparentemente non hanno una vita o hanno una vita che non
funziona bene, e attraverso l’intervento di un alchimista, di
uno scienziato, di un anatomista, si rianimano. Ho pensato a Jan
Svankmajer, ai Brothers Quay, a Wladyslaw Starewicz che nasce
come proprio come zoologo”.
Dal film “Krokodyle” ai libri illustrati “Canti della Forca”, “Pinocchio” e “Le Scienze inesatte”, la mostra del regista,
scrittore, illustratore e animatore è un viaggio
nell’immaginario dell’artista, fatto di wunderkammer, strambe
discipline e scienze anomale, anatomia e zoologia, fiabe nere e
procedimenti occulti. “Con questi progetti, disegni e le mie
marionette – racconta l’artista – ho voluto far conoscere il mio
mondo interiore espressivo che porto avanti da tanti anni. Può
sembrar inquietante, perché questa arte muove oggetti reali
inanimati, la definirei l’anima nera dell’animazione, si
raccontano storie tendenzialmente romantiche e macabre nel senso
ottocentesco del termine”.
La tecnica della stop-motion è rimasta un po’ nell’ombra, è
diventata importante grazie a Tim Burton. Proprio al grande
artista viene spesso paragonato il lavoro di Bessoni. “E’ un
paragone – ammette – che ovviamente mi onora molto e mi lusinga
ma anche in qualche modo mi limita. Nelle mie opere c’è dentro
anche molto altro da Peter Greenaway a Charlie Kaufman etc.
Inoltre alla fine ti si ritorce un po’ contro specialmente in
Italia dove spesso l’animazione è associata solo ai bambini e
invece è destinata anche agli adulti. Forse sarebbe il momento
di dire – visto che Burton ha permesso all’animazione stop
motion, a questo mondo macabro, poetico, legato alla diversità,
di aprire il discorso – ora possono farlo anche tantissimi
altri autori in tutto il mondo, quindi anche a livelli
differenti, con dei budget differenti”.
“Data la complessità e la poliedricità del lavoro di Bessoni
– commenta Lorenza Fruci – abbiamo fatto la scelta di mettere a
fuoco iln particolare la stop motion, un linguaggio espressivo
particolare e non molto diffuso. Abbiamo scelto di illustrare il
processo creativo dalla concezione iniziale, passando per lo
script, fino al montaggio finale. È stato affascinante mostrare
come un’idea si trasformi in schizzi e poi in un film,
attraverso la composizione e l’animazione dei burattini”.
Inoltre dice la Fruci – è evidente “il suo potenziale
educativo perché con il suo immaginario gotico e a tratti
macabro, ci invita a vedere oltre le apparenze e ci porta a
confrontarci con il diverso che all’inizio ci spaventa o ci
sembra repellente”.
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