L’IA aiuta a prevedere le recidive del tumore alla prostata

Grazie all’Intelligenza artificiale
sono stati individuati nuovi marker, veri e propri “campanelli
d’allarme”, per prevedere il rischio di recidiva del tumore alla
prostata, anche a dieci anni di distanza: è il risultato di un
nuovo studio condotto da ricercatori dello Human Technopole,
dell’Institute of Cancer Research di Londra e del Royal Marsden
NHS Foundation Trust.
    I ricercatori – si legge in un comunicato di HT – hanno
individuato, grazie all’uso di big data e Intelligenza
artificiale, che la compresenza di cellule tumorali con
caratteristiche genetiche diverse all’interno dello stesso
tumore e di differenze nella loro forma, dimensione e struttura
è indicativa della capacità della neoplasia di cambiare nel
tempo. A questa sua capacità evolutiva si associa, anche dopo un
lasso di tempo molto lungo, un elevato rischio di ritorno della
malattia.
    Lo studio – viene spiegato – potrà aiutare i medici a
personalizzare meglio il trattamento per il cancro alla
prostata, adottando trattamenti più aggressivi in quei casi in
cui emerga, grazie a questi parametri, un maggiore rischio di
recidiva. La ricerca, pubblicata oggi sulla rivista scientifica
Nature Cancer, si differenzia da altri lavori per l’elevato
numero di campioni analizzati e per aver preso in esame la
malattia in diverse fasi del suo sviluppo. Utilizzando il
machine learning, i ricercatori hanno analizzato 1.923 campioni
di 250 pazienti, concentrandosi sulla struttura spaziale del
tessuto. Hanno anche utilizzato una tecnica di Ia appositamente
creata per eseguire la classificazione di Gleason, un sistema di
punteggio che classifica il tessuto canceroso da uno a cinque in
base al modello delle sue cellule.
    “Oltre a produrre biomarcatori prognostici migliori per il
cancro alla prostata, il nostro studio costituisce un’ulteriore
prova delle possibilità predittive che derivano dallo studiare
come uno stesso tumore si evolve e cambia nel tempo”, spiega
Andrea Sottoriva, responsabile del centro di ricerca in Biologia
computazionale di Human Technopole e corresponding author dello
studio.
    Marino Zerial, direttore dello Human Technopole, sottolinea
che “si tratta ancora di una sperimentazione e non di una
pratica clinica ma in futuro questo approccio potrebbe aiutare i
medici a classificare sistematicamente i pazienti in base al
rischio di recidiva della malattia e decidere quali
terapie adottare”.
   

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