lunedì, 25 Novembre 2024
I mille rischi del rientro a scuola per i giovani
«Non si tratta di una semplice ripresa – sottolinea la dottoressa Silvia Riboldi psicoterapeuta – dopo un lungo periodo lontano dai banchi, il rientro a scuola va gestito con tutte le cautele del caso»
Un rientro a scuola, diverso da tutti gli altri. La prima campanella ha assunto molteplici significati per bambini e ragazzi. Da una parte i più grandi stanno tronando a socializzare e a confrontarsi con i coetanei, riprendendo un discorso formativo e di crescita, che a causa della pandemia, sono stati costretti a interrompere. Dall’altra, per i più piccoli, significa abbandonare il nido e confrontarsi per la prima volta con il mondo esterno, con le gioie e le insidie che questo rappresenta.
«Il ritorno tra i banchi e la ripresa delle attività scolastiche ed extrascolastiche, dopo le vacanze estive, crea normalmente ansia, paura e agitazione che solitamente scompaiono in poche settimane – continua la Dott.ssa Riboldi psicologa di formazioneinfanzia.it, il portale di Mustela per i professionisti dell’infanzia- Spesso, è la paura dell’ignoto, nuovi compagni di classe, insegnanti o il pensiero di avere dover studiare materie difficili – ad accrescere i livelli di stress per i bambini, all’inizio della scuola. Quest’anno però i ragazzi potrebbero dover fare i conti con maggiori difficoltà, perché tornare a scuola dopo tanti mesi di chiusure e isolamento, può essere vissuto dagli studenti come un trauma e provocare forti emozioni disturbanti, con aumento dei disagi psicologici legati a paura, ansie e stress, che possono tradursi anche in disturbi fisici».
«Il disagio psicologico, che si esprime sia sul piano emotivo, delle relazioni, che cognitivo, degli apprendimenti, è cresciuto molto con la pandemia – evidenzia David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale degli Psicologi – proprio in una situazione dove invece c’è bisogno di maggiori risorse psicologiche per affrontare le sfide del presente e del futuro. Non possiamo pensare che tutto questo non abbia conseguenze sui più piccoli e che questi non si vedano in un momento “stressante” come quello dell’avvio di un nuovo anno scolastico».
Ad aggiungere fatica alla fatica, ormai si osservano due linee di comportamento nel paese, nelle famiglie e quindi nei genitori dei bambini: chi ha (un po’ forzosamente) deciso che il virus non esiste più e chi invece rimane ancora ligio alle precauzioni. I figli di questi due schieramenti, però si trovano in classe insieme, con gli stessi desideri e le stesse paure.Tornare a scuola significa ricominciare a prestare attenzione alle norme di sicurezza, regole che in un contesto di socializzazione stanno strette e divengono estremamente faticose. Maestre e professori che devono rimproverare, richiamare e redarguire perché i bambini vogliono giocare, chiacchierare, costruire amicizie…Essere rimproverati per queste cose lascia i bambini spaesati a livello emotivo, anche qualora a livello cognitivo comprendano la necessità di non ammalarsi e far ammalare. La Covid 19 è stata la malattia dell’assenza e del non fare, per quei bambini e ragazzi che hanno avuto la fortuna di non incontrare il lutto per una morte, vi è stata comunque la fatica dell’assenza di affetti, svaghi, routine e attività.
Il tornare alla normalità “come se nulla fosse accaduto” è impossibile, gli studi scientifici ci dicono che queste esperienze aumentano i disturbi d’ansia e stress sia negli adulti che nei più piccoli. Tornare alla normalità può non essere facile, l’idea di stare in mezzo alle persone può scatenare reazioni di forte preoccupazione ed ansia, l’essere nuovamente in un contesto dove la prestazione ed il confronto con i pari sono all’ordine del giorno (in DAD era tutto molto più edulcorato) può generare disturbi d’ansia… Il tornare alla normalità può essere un incubo, tanto quanto il restare nella condizione di pandemia (solo che nel secondo caso i genitori probabilmente sono più propensi ad ascoltare e validare le emozioni).
Cosa fare quindi?
Ecco qualche consiglio che gli adulti possono mettere in pratica per aiutare bambini e adolescenti nell’avvio di questo anno scolastico così particolare:
ascoltare; tentare di ascoltare e basta, senza interrompere e aiutare a distinguere le opinioni dai fatti
accogliere: semplicemente accogliere e validare il loro vissuto, qualsiasi esso sia. Non ci sono problemi se i sentimenti e le emozioni sono contrastanti, si possono portare ad esempio anche le proprie sensazione ed emozioni.
osservare: essere attenti ai segnali non verbali, bambini e ragazzi non sempre esprimono il disagio a parole. Cambiamenti di comportamento, sbalzi d’umore, estrema irritabilità sono segnali di fatica;
non rimproverare ma accogliere e rassicurarli; essere chiari circa le regole da seguire, cercare di sgomberare la confusione che in questi mesi si è creata e dare informazioni e linee guida chiare.
creare momenti di svago ed essere disponibili in caso l’iniziativa parta da bambini o ragazzi.
I tempi li decidono spesso loro, in base a quando si sentono pronti e in grado di sostenere questa tipologia di discorsi: importante trovino una porta sempre aperta. Non forzare la comunicazione: inutili gli interrogatori e le sessioni di domande o racconti. Spesso lo spunto saranno poche parole, mezze frasi che vanno accolte e, se possibile, ampliate ed usate come punto di partenza. Essere realistici nel descrivere e nel parlare della situazione attuale, adeguando i termini e le parole all’età ma senza mentire. Dare il buon esempio: ascoltarsi, vivere quello che accade nonostante timori ed ansie, parlare delle proprie fatiche…l’esempio è sempre la migliore arma che abbiamo! Attenzione ai campanelli d’allarme Se irritabilità. preoccupazioni, chiusura in se stessi, fatica ad uscire di casa e sbalzi di umore sono molto presenti e intensi è consigliabile valutare di rivolgersi ad un esperto per avere un sostegno in questo delicato momento. In particolare ci sono alcuni segnali che meritano un’attenzione particolare, perché potrebbero essere spia di un disagio più profondo, eccoli.
Cambi repentini di comportamento, sbalzi d’umore, fatica e sregolazione del sonno e dell’alimentazione, chiusure eccessive e isolamento fatica nei rapporti sociali con i pari.I genitori se rilevano tali comportamenti dovrebbero aprire il più possibile il dialogo con i figli ed essere da esempio spiegando loro che tutte le emozioni, anche quelle negative possono far parte di ogni persona, che le emozioni si possono esprimere e nei casi più complessi, è sempre bene chiedere l’aiuto di un professionista.