Un dialogo immaginario per raccontare Foundation a qualcuno che Foundation non lo conosce…

Fammi indovinare: sta per uscire qualcosa di nuovo di cui tu non sai niente e ti piacerebbe saperne di più?

Proprio così.


Al tuo servizio. Di che vuoi parlare questa volta?

Foundation. Ho visto lo spot sui social ma non ci ho capito niente.

Va bene, vuoi la versione lunga o corta?

Sono tutte e due gratis?


L’unico costo è il tuo tempo.


Allora la lunga. Se mi annoio, salterò le parti.

Va bene, allora dobbiamo tornare al principio di tutto, al 1942, quando Isaac Asimov iniziò a pubblicare delle brevi storie su Astounding Magazine.

Isaac chi?

Asimov, uno dei padri della fantascienza moderna assieme a Robert Heinlein (di cui forse potresti aver sentito parlare per Fanteria dello Spazio), Arthur C. Clarke (che, tra le altre cose, è stato il co-sceneggiatore di 2001: Odissea nello Spazio) e Ursula Kroeber Le Guin (autrice, tra le altre cose, del ciclo di Terramare). Asimov era conosciuto come “il buon dottore” della fantascienza, per la sua attitudine positiva nel trattare la scienza e gli sviluppi della tecnologia. Ha scritto più di cinquecento romanzi e quasi altrettanti racconti, ha creato le leggi della robotica (che sono poi state assunte come dogmi nello sviluppo delle intelligenze artificiali dei giorni nostri) e anticipato moltissimi temi di quello che è il nostro presente. I suoi cicli narrativi più famosi sono quello dei Robot, quello dell’Impero Galattico e quello della Fondazione che, in una tarda fase della sua carriera, ha fatto convergere in un solo universo narrativo. Probabilmente è il più letto scrittore di fantascienza di tutti i tempi e uno dei più amati e stimati.

Come mai non ne ho sentito parlare?

Se tu fossi un lettore di fantascienza, lo conosceresti di sicuro ma bisogna ammettere che negli ultimi decenni la science fiction letteraria ha perso molta della popolarità che aveva (anche in Italia) tra gli anni settanta e ottanta, è quindi abbastanza normale che ti possa essere sfuggito. Aggiungici pure che Asimov è stato trasposto pochissimo al cinema (le pellicole più famose sono Io, Robot con Will Smith e L’Uomo Bicentenario con Sam Neill e Robin Williams, anche se molti sono i film che si sono ispirati al suo lavoro, da Robocop a A.I. Intelligenza Artificiale).

Se è così famoso, amato e letto, perché ci sono così pochi film tratti dalle sue cose?

Perché la fantascienza di Asimov si presta male ad un adattamento filmico. Le sue storie hanno poca azione e molto pensiero, i suoi temi sono complessi, così come le sue speculazioni sul futuro.
Inoltre, il suo ciclo narrativo più importante, quel ciclo della Fondazione di cui mi chiedevi all’inizio, è anche incredibilmente ambizioso in termini narrativi e quindi molto costoso da portare a schermo.

Ma ora ci arriva…

Sì, nella forma di una serie televisiva, prodotta da Skydance Media distributa da Apple sulla piattaforma Apple TV+. La serie è stata creata da David S. Goyer e Josh Friedman e rappresenta uno dei progetti televisivi più ambiziosi di sempre e la testa d’ariete con cui l’azienda di Cupertino spera di far entrare in tutte le case il suo servizio streaming.

Ma è il Goyer dei Batman di Nolan?

Sì e di tante altre cose. Alcune molto buone (Dark City, i primi due capitoli di Blade, in particolare) molto meno buone (le sceneggiature dei film di Zack Snyder legate all’universo DC, il secondo film di Ghost Rider, Jumper, Blade III, la maggior parte delle sue serie televisive…).

Quindi, non c’è da fidarsi, giusto?

Non voglio essere ingeneroso. Ha scritto cose molto belle e cose molto brutte. Di sicuro, con la Fondazione ha deciso di cimentarsi con del materiale molto difficile da portare a schermo. Comunque, non scrive da solo, con lui c’è anche Josh Friedman.

Che è bravissimo?

Insomma. Anche lui ha scritto alcune cose discrete ma anche molte robe brutte. Però James Cameron lo ha voluto per Avatar 2, quindi qualche credito deve averlo. Però c’è un colpo di scena in tutta la faccenda: perché Friedman, pur rimanendo accreditato nella serie, ha lasciato il progetto prima che le riprese fossero completate.


Come mai?


Dicono che la cosa fosse pianificata fin dall’inizio e che Friedman e Goyer hanno diviso le loro strade in maniera amichevole, ma non è che la faccenda torni poi molto.

Ok, ma tanto ci sarà un qualche regista forte collegato al progetto!

A dire il vero, non proprio. Regista del primo episodio è Rupert Sanders, che ha girato Biancaneve e il Cacciatore e il terribile adattamente live action di Ghost in the Shell. Il secondo episodio è diretto da tale Andrew Bernstein, che è al suo esordio alla regia (prima ha fatto solo l’assistente) e il terzo episodio è firmato da Alex Graves, che ha una solida carriera da regista televisivo di media fascia. L’impressione generale è che questa serie sarà molto figlia del suo showrunner (cioè, il solo Goyer, adesso) e della produzione, più che di quelli che staranno effettivamente dietro la cinepresa.

Allora non capisco perché in molti sembrino così ansiosi di vederla…

Per vari motivi. I trailer che sono stati diffusi hanno mostrato una qualità visiva molto alta con ottimi effetti, uno splendido design, e una grande attenzione per le atmosfere. Il cast è composto di molti bravissimi attori, in particolare Jared Harris e Lee Pace e la colonna sonora è composta da Bear McCreary, che è lo stesso straordinario musicista che stava dietro al tappeto sonoro di un’altra grande serie televisiva di fantascienza, Battlestar Galactica. E questo ci porta dritti ad un altro motivo che alimenta l’hype per questa Foundation: è dai tempi di Battlestar Galactica che non si produceva una serie di fantascienza così ambiziosa. E poi, ovviamente, c’è l’amore smisurato dei fan per l’opera di Asimov.


Amore che può diventare anche odio, però… giusto?

Il rischio c’è, inutile negarlo.
In molti si chiedono come si possa adattare il materiale letterario originale in un prodotto adatto per lo schermo e, almeno in questo senso, i trailer hanno già raccontato molti tradimenti, sia nella scelta del cast (che risponde alle istanze della sensibilità moderna) sia negli snodi narrativi, sia una certa tendenza alla spettacolarità che, nei romanzi e nei racconti, non è presente.

Ecco, torniamo a parlare di quello, magari…

Dicevamo: il 1942 e la rivista Astounding Magazine. Su quelle pagine Asimon pubblica otto brevi storie ispirate dalla monumentale opera dello storico Edward Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire. Partendo quello spunto, Asimov propone a John W. Campbell, il suo editor dell’epoca e autore di spicco della fantascienza degli anni d’oro, il concetto di una serie di storie che raccontino la caduta di un Impero Galattico. La vicenda è ambientata in un futuro remoto e ruota attorno a dei momenti decisivi della storia umana, denominati “Crisi Seldon”. Le “Crisi Seldon” sono degli eventi drammatici previsti dallo scienziato Hari Seldon grazie alla “psicostoria” (una scienza immaginaria sviluppata dallo scienziato stesso e capace di prevedere statisticamente il futuro con grande precisione), che porteranno non solo alla caduta dell’Impero Galattico ma anche a trentamila anni di successiva barbarie. Sapendo bene di non poter impedire il crollo dell’Impero (e capendo anche la necessità di questo crollo), Seldon è però deciso a trovare un modo per ridurne i nefasti effetti. Le prime due crisi (una politica e una religiosa) vengono affrontate dal sindaco di Terminus, Salvor Hardin che, grazie alle sua capacità diplomatice e politiche (e alla guida spirituale e olografica di Seldon stesso), riesce a superarle brillantemente. La terza crisi (economica) viene invece risolta da Hober Mallow, un abile mercante.


Aspetta: uno scienziato, una scienza statistica, un sindaco, un mercante, crisi legate alla politica, alla religione e all’economia… ma dove stanno le astronavi, le esplosioni nello spazio, i combattimenti intergalattici e tutto il resto?

Dentro Star Wars, la Fondazione è un’altra cosa. È fantascienza adulta, con pochissima azione, molta politica e parecchia speculazione. È una riflessione sui meccanismi del nostro mondo attraverso la lente del futuro.

E calcola che quello che ti ho raccontato è solo l’inizio, il primo libro della trilogia originale, che raccoglie i racconti pubblicati su rivista. Poi ci sono i due romanzi successivi, scritti da Asimov dopo il successo dei racconti e, dopo ancora, ci sono i romanzi scritti una trentina d’anni dopo. Alcuni libri si ambientano prima della trilogia originale e altri dopo.

Che casino.


Non posso darti torto.

Meritano tutti di essere letti?

Per quanto i romanzi più recenti siano meno freschi e un poco appesantiti da troppi concetti, sì, meritano tutti di essere letti.

In che ordine?


Dipende. Se vuoi seguire la storia dall’inizio alla fine, l’ordine è questo:

– Preludio alla Fondazione
– Fondazione anno Zero
– Fondazione
– Fondazione e Impero
– Seconda Fondazione
– L’orlo della Fondazione
– Fondazione e Terra

Se, invece, vuoi seguire l’ordine in cui sono stati scritti e pubblicati, la progressione è questa:

– Fondazione
– Fondazione e Impero
– Seconda Fondazione
– L’orlo della Fondazione
– Fondazione e Terra
– Preludio alla Fondazione
– Fondazione anno zero

Tu che ordine preferisci?

Quello di scrittura. Ti mostra meglio il percorso seguito da Asimov come autore e ti fa partire subito con i romanzi migliori del ciclo.


Che dovrebbero essere quelli su cui si basa la serie televisiva, giusto?

In teoria. Ma i trailer hanno già mostrato parecchi elementi presi dai romanzi successivi.

Certo sembra una roba complicata da tradurre in immagini.


Lo è. Ma è anche un bene. Se non fosse stata così complicata, non avremmo Il Signore degli Anelli di Peter Jackson.


Aspetta, che c’entra?

Nel 1998 la New Line comprò i diritti della Fondazione per farne una trilogia di film. Lo sviluppo fu così complesso e fallimentare che lasciarono perdere e decisero di concentrare la loro attenzione su un altro progetto, all’apparenza più semplice: Il Signore degli Anelli di Peter Jackson.

E quella è l’unica volta che provarono a portare la Fondazione al cinema?

No, assolutamente. Ci provò anche la Columbia (con Roland Emmerich come regista) che però si arrese in fretta e cedette i diritti alla HBO, che affidò il progetto a Jonathan Nolan (il fratello di Christopher). Ed è per questo che poi è nata Westworld.

Fammi indovinare: anche il piccolo Nolan si arrese e quindi decise di fare qualcosa di più semplice, cioè Westworld?

Più o meno, sì.

E poi…?

A quel punto arriva la Skydance e i grossi investimenti di Apple (che è alla ricerca della Next Big Thing della televisione americana per lanciare la sua piattaforma). Il progetto viene affidato a Goyer e Friedman ed entra in produzione. Arriva la pandemia, le riprese sono sospese, Friedman se ne va. Poi le riprese riprendono e la serie viene completata con una spesa complessiva di una cinquantina di milioni di dollari per la prima stagione, composta da dieci episodi.

Ok, ora ho le idee più chiare. Ma ho un’altra domanda…

Spara…

Sta per uscire il nuovo film di 007…


E scommetto che non sai nulla nemmeno di quello, giusto?

Non prendertela con me, io sono un personaggio della tua fantasia che usi per poter sproloquiare delle cose che ami!

Hai ragione, ma di James Bond parliamo la prossima volta, ok?


Ok, ma sbrigati.

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