Mazzacurati e i suoi antieroi di provincia e universali

Con Carlo Mazzacurati “quando
ancora eravamo ragazzi venivamo al Festival di Venezia in
motorino a vedere i film. Qui è iniziata la carriera di Carlo
con Notte Italiana. Portare questo documentario forse chiude un
cerchio. E’ un omaggio dovuto, doveroso, ma anche allegro. Carlo
era una persona che amava molto vivere e il film credo che renda
anche la sua gioia di vivere fino all’ultimo” . Lo dice all’ANSA
il regista Enzo Monteleone che firma con Mario Canale ‘Carlo
Mazzacurati – Una certa idea di cinema’, ritratto a 10 anni
dalla morte, nel 2014, a soli 57 anni, dell’autore di film come
Un’altra vita, Il toro, con cui vinse 30 anni fa il Leone
d’argento, Vesna va veloce, La giusta distanza. Il film non
fiction, prodotto da Bibi Film, Fandango e Archivio Orme,
debutta alla Mostra del Cinema in Venezia Classici, per poi
essere distribuito da Fandango.
    Si compie un viaggio tra i film del regista padovano
(dalle prime regie, il mediometraggio Vagabondi del 1979 e il
primo lungometraggio, Notte italiana, del 1987 all’ultimo film
La sedia della felicità del 2013), che proprio insieme agli
amici Enzo Monteleone e Roberto Citran (creatori con lui anche
di un cineclub) aveva mosso i primi passi nel cinema. Un
percorso nel quale Mazzacurati esplora l’umano, dalla
tragicommedia ai toni più cupi, mantenendo sempre una profonda
pietas e muovendosi tra i generi: “Ho una certa predilezione per
chi osserva il mondo da un’angolatura provinciale – spiegava il
regista -. Le province sono un unico luogo, un modo di stare al
mondo”. Un universo che nel documentario è evocato anche
attraverso ricordi e aneddoti di Nanni Moretti (che con la
Sacher Film insieme a Angelo Barbagallo ha prodotto Notte
italiana), e degli attori che appartengono al suo cinema: oltre
a Citran, fra gli altri, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando,
Valentina Lodovini, Giuseppe Battiston, Maya Sansa, Marco
Messeri, Isabella Ragonese, Valerio Mastandrea. “Raccontiamo il
suo percorso di uomo, di regista, di grande essere umano –
osserva Canale -. Il suo sguardo sulla provincia corrisponde a
un modo di esistere, di osservare anche in maniera più pacata
quello che accade senza la frenesia della velocità”. Per il
documentario “abbiamo scelto poche testimonianze e abbiamo
privilegiato la voce di Carlo (attraverso immagini sul set e
interviste) – aggiunge Monteleone – proprio perché lui era un
grandissimo raccontatore. Insieme a lui scopriamo le sue
passioni, il suo cinema, la sua vita”.
   

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