Maura Delpero, ‘la mia omelia montanara senza tempo’

Un paesino in Val di Sole,
una piccola comunità di montagna in cui tutti si conoscono,
storie già segnate, dinamiche familiari nel ripetersi delle
stagioni. Ma c’è l’imprevisto a scombinare le cose a Vermiglio
nel 1944, quando il soldato disertore Pietro (Giuseppe De
Domenico) che si è rifugiato lì, fa innamorare Lucia (Martina
Schrinzi), la figlia del maestro Cesare (Tommaso Ragno) che
resta incinta. È con queste suggestioni che alla Mostra del
cinema di Venezia arriva Vermiglio, opera seconda di Maura
Delpero (l’esordio Maternal era stato premiato a Locarno), in
gara per il Leone d’oro nella pattuglia dei 5 italiani e poi in
sala dal 19 settembre con Lucky Red.
    Il film è girato, tranne pochi ruoli, con attori non
professionisti e nel dialetto di quel posto del Trentino, le
riprese sono durate mesi per entrare in quel mondo e il
direttore della Mostra Alberto Barbera lo ha collegato
all’Albero degli zoccoli di Ermanno Olmi. “Un carico bello
pesante – dice all’ANSA Delpero – che mi onora certamente,
perché è un regista che amo e a cui sono legata. Penso che
Barbera lo colleghi alla mia metodologia di lavoro, di vivere il
posto, rispettandone i tempi, il dialetto, cose che per me sono
fondamentali per portare poi lo spettatore lì dentro la storia”.
    Delpero racconta di aver passato mesi nel paese, “volevo quelle
facce e quei modi, ho scelto una ad una ogni comparsa, erano
persone che non si presenterebbero mai ad un casting ma che per
me sono la verità e l’essenza del cinema”.
   

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