domenica, 24 Novembre 2024
Venezia nel segno di Queer, Craig bye bye Bond
(dell’inviata Alessandra Magliaro) Batte forte un cuore Queer
a Venezia 81. È il giorno del nuovo film di Luca Guadagnino,
terzo dei cinque film italiani in corsa per il Leone d’oro, e
porta sul red carpet, oltre all’amato regista di Chiamami col
tuo nome, un protagonista come Daniel Craig. Ospite del tappeto
rosso anche l’amico Pedro Almodovar che ieri ha infiammato con
La stanza accanto con Tilda Swinton e Julia Roberts. L’altro
film del concorso è Harvest, adattamento del romanzo di Jim
Kreis che la regista greca Athina Rachel Tsangari ha realizzato
con Caleb Landry Jones tra i protagonisti di una storia sulla
rivoluzione agricola inglese.
Tra premi e convegni (praticamente un festival che viaggia
parallelo), altri film di giornata sono Bestiari, Erbari,
Lapidari di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, fuori concorso e
in uscita a ottobre con Luce Cinecittà e Taxi Monamour, unico
film italiano in gara alle Giornate degli Autori (in sala dal 4
settembre con Adler Entertainment) con la regia di Ciro De Caro,
dramedy intensa e intima con due donne protagoniste Rosa
Palasciano, anche coautrice della sceneggiatura, e Yeva Sai
(Mare Fuori).
Intanto arrivano i primi numeri di Venezia 81, superato il
giro di boa di metà Mostra e confermano quello che empiricamente
è visibile nell’affollamento delle proiezioni: aumentano
dell’11% i biglietti d’ingresso venduti al pubblico per un
totale di quasi 60mila (59.729) di cui 1.747 abbonamenti (+25%
sul 2023), a lunedì 2 settembre, bilancio finale l’8 settembre a
mostra conclusa.
Il film del giorno è senza dubbio Queer, l’atteso nuovo
Guadagnino con Daniel Craig nel ruolo dell’alter ego dello
scrittore William S. Burroughs, omosessuale, alcolista e
dipendente da stupefacenti. Preceduto dalla fama di film ‘scandalo’, ad alto tasso di sesso gay, come dal romanzo di uno
dei padri letterari della Beat Generation con Kerouac, vede
appunto l’ex James Bond expat americano nella Città del Messico
sordida degli anni ’50, che perde la testa per il giovane Eugene
Allerton (Drew Starkey), un incontro che diventa attrazione
fatale. “Volevamo che sembrasse reale, toccante, naturale anche
se sappiamo che niente di ciò che accade sul set è intimo,
decine di persone ti guardano. E così per rompere la tensione
abbiamo ballato, poi il resto è arrivato” dice Craig sulle scene
di sesso con Starkey. Archiviato il tema sesso si parla di tutto
il resto, della ricostruzione dell’epoca, con costumi
meravigliosi, e della storia raccontata da Burroughs (in Italia
pubblicato da Adelphi nel 1985 con il titolo Checca) che da anni
e anni Guadagnino voleva far diventare film. Con una produzione
importante, girata in parte a Cinecittà, realizzata dallo stesso
regista con la sua società Frenesy e da Lorenzo Mieli per The
Apartment, il film Fremantle sarà, dopo il passaggio a Venezia
81 in cui è in gara per il Leone d’oro, in sala in Italia con
Lucky Red.
“Quando lessi il libro di William Burroughs avevo 17 anni,
quel romanzo ha segnato la mia adolescenza, ne ho cercato i
diritti per anni, poi ho avuto la fortuna di lavorare con Justin
Kuritzkes in Challengers e parlare di nuovo del romanzo con lui.
Abbiamo deciso di tentare: i diritti di trasposizione erano
disponibili ed è stata una gioia, il sogno di una vita si
avverava”, dice il regista di Chiamami col tuo nome all’ANSA.
Guadagnino è un conoscitore di Burroughs: “Queer è il mio
preferito, ha questa forma stupenda, picaresca, con un
protagonista che gira la notte, va nei bar, parla di continuo,
intrattiene, è comico, buffo, tragico fragile, nudo e poi bam!
incontra qualcuno che lo incontra a sua volta, ed è come se
questo incontro fosse inevitabile, inesorabile”. Al centro di
questa avventura, che da Città del Messico, dalla suburra della
comunità degli americani espatriati, omosessuali, bevitori,
gaudenti si sposta in Sud America alla ricerca della yage, la
radice che dà la telepatia, c’è però la grande solitudine
allucinata e tossica del protagonista Craig.
Teme un’etichetta di scandalo per Queer (alla prima stampa
anche qualche solitario buu)? “Ha una complessità di significati
diversi rispetto ad oggi. All’epoca di Burroughs, Queer voleva
dire checca, frocio un termine denigratorio oppure persona
strana, diversa. Moralmente? Non lo so, non mi sono mai posto i
problemi della morale e non mi interessa. Queer per me è una
profonda radicale storia d’amore che ci riporta alla condizione
terminale di essere umani, cioè che siamo soli”. E così il
protagonista della saga di James Bond è diventato Lee, l’alter
ego dello scrittore. Dice Craig di non avere paura di spiazzare
il pubblico con un personaggio omosessuale dopo un macho come
Bond: “Non ho alcun controllo sulla mia immagine, scelgo di
interpretare ruoli che rappresentano una sfida, per me stesso e
per il pubblico, cercando di essere il più interessante e
creativo”.
Arrivano in serata le prime recensioni internazionali per il
film che in America è stato preso da A24 e che potrebbe portare
verso l’Oscar. “Craig è ipnotico nel dramma erotico di
Guadagnino”, scrive The Guardian. “Straziante nel profondo
caleidoscopio di amore non corrisposto” è il titolo di
Indiewire, “Craig centra lo spirito sardonico dello scrittore
William S. Burroughs nel superbo adattamento letterario di Luca
Guadagnino” commenta Deadline.
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