Kevin Costner, la saga western è un promemoria per l’America

Dopo Cannes, Venezia.
    Continua a tappe il tour di Kevin Costner con Horizon: An
American Saga, che si inserisce nella grande tradizione del
western da lui stesso percorso sin dal suo debutto da regista
nel 1990 con il blockbuster Balla coi lupi, vincitore di sette
Oscar, tra cui miglior film e miglior regista. Al Lido oggi c’è
la premiere mondiale fuori concorso del capitolo due della saga
diretto e interpretato da Costner con Sienna Miller, Sam
Worthington, Giovanni Ribisi, Isabelle Fuhrman, Luke Wilson. Un
terzo e un quarto film sono sceneggiati e pronti per le riprese.
    Horizon: An American Saga è una cronaca della Guerra civile e
della colonizzazione dell’Ovest americano, “una storia
dell’America troppo vasta per un solo film” che lo stesso Costner ha anche scritto insieme a Jon Baird e prodotto con la
sua Territory Pictures. Il primo capitolo, ha ammesso Costner, “non ha avuto un successo travolgente, ma non è la prima volta
che faccio un film che poi resiste alla prova del tempo”. Il
secondo era previsto dal 15 agosto con Warner ma l’uscita è
slittata al momento. La sua voce poi ha vacillato un po’ mentre
aggiungeva tra gli applausi: “Non so come farò a fare il 3
adesso, ma ce la farò”.
    Horizon è il progetto della vita e a parlarne Costner si
appassiona. Perché? “Questa saga è il simbolo della storia
dell’America, la promessa di ciò che l’America era… Quando le
persone che hanno lasciato l’Europa per attraversare l’Oceano
Atlantico, hanno visto qualcosa a cui non potevano credere, un
continente gigantesco senza un solo edificio. E gli occhi del
mondo si sono aperti e sarebbero venuti in America con una
promessa… Quella è stata una marcia di circa 300, 400 anni
attraverso l’America da un mare all’altro, ed è stata fatta dai
vostri antenati e dai miei”. Si accalora Costner: “Il West non è
Disneyland, è un posto dove è stato difficile vivere e volevo
ricordare al mio paese che è stata una lotta e che fa parte
della nostra storia”. Dice, tuttavia, che Horizon “non è un
messaggio per il mio paese; è un promemoria per il mio paese di
quanto sia stato difficile per le persone intraprendere questo
viaggio… Non è un messaggio politico per nessuno. I film ci
parlano, e quando le luci si spengono, parlano ai nostri cuori
individualmente. Possiamo tutti guardare la stessa cosa al buio,
vivremo tutti lo stesso sogno, ma avrà un significato diverso
per tutti noi”.
   

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