venerdì, 7 Febbraio 2025
Reservation Dogs di Taika Waititi e Sterlin Harjo: la recensione del primo episodio
I vincitori scrivono la Storia, questo lo sappiamo, ma spesso la voce degli sconfitti offre una visione molto più lucida della realtà, perlomeno quando sono nel giusto. Ora che lo spettro della rappresentazione si è ampliato nelle produzioni statunitensi, Reservation Dogs ci ricorda che lo sguardo dei nativi americani è altrettanto necessario: sono loro, insieme ai discendenti degli schiavi africani, a rappresentare il peccato originale degli Stati Uniti d’America.
L’episodio pilota è stato presentato in anteprima al FeST di Milano, e debutterà il prossimo 13 ottobre su Disney+ come Star Original. La serie nasce infatti da FX Productions, vecchio ramo della Fox dedicato alle produzioni più mature, audaci e “autoriali”. In tal senso, la firma di Taika Waititi e Sterling Harjo è palese fin dall’inizio: emerge non solo dai toni della narrazione, ma dalla scelta di un determinato punto di vista. Una scelta politica, si potrebbe dire.
Cani da riserva
Elora Danan Postoak (Devery Jacobs), Bear Smallhill (D’Pharaoh Woon-A-Tai), Cheese (Lane Factor) e Willie Jack (Paulina Alexis) sono i Rez Dogs, i migliori ladruncoli in città. Peccato che la “città” sia un piccola riserva dell’Oklahoma rurale, e persino qui la concorrenza non manca. Dopo aver rubato un furgone che trasportava patatine, i quattro amici finiscono nel mirino di una banda rivale – la NDN Mafia – che li bersaglia con armi da paintball, e sono sempre più convinti di volersi trasferire in California. Giusto il tempo di fare qualche altro colpo, e potranno partire.
Gli scrupoli, però, sono dietro l’angolo. Bear scopre che l’autista del furgone ha perso il lavoro, e inoltre ha la visione di un vecchio antenato, morto goffamente nella battaglia di Little Bighorn, che gli consiglia di rigare dritto. Mentre l’agente Big (Zahn McClarnon) li tiene d’occhio, i Rez Dogs devono scegliere quale strada prendere: continuare a commettere crimini, oppure combatterli. Magari entrambe le cose.
Commedia sociale
Considerando i temi e il contesto, Reservation Dogs potrebbe essere tranquillamente un dramma sociale, ma Taika Waititi e Sterling Harjo hanno piani diversi. L’umorismo paradossale del regista neozelandese si unisce infatti al peculiare sguardo di Harjo, autore Seminole (tribù nativo-americana dell’Oklahoma) che ha raccontato spesso le vite della sua Nazione. Il risultato è brillante, poiché si giova del contrasto fra la comicità delle situazioni e la ruvidità dell’ambiente. Le disavventure dei Rez Dogs hanno sempre qualcosa di stralunato, ma affondano le radici in una realtà concreta.
In tal senso, Reservation Dogs ha il pregio di mettere in relazione la spiritualità dei nativi americani con la vita quotidiana, senza scindere i due piani. L’apparizione dell’antenato di Bear, forse la scena più spassosa e memorabile dell’episodio, è esemplare: il mito viene liberato da ogni retorica, ma non perde il suo valore. È una demistificazione che può funzionare solo se proviene dall’interno, da chi appartiene a quella cultura. Harjo “normalizza” ciò che i bianchi vedono come esotico, e lo fa dialogare con il presente. Al contempo, mette in scena un degrado sociale che viene troppo spesso ignorato, lasciando che siano i personaggi stessi a parlarne: nei dialoghi si accenna al diabete e alla depressione come malattie che colpiscono un gran numero di nativi americani, all’insaputa di tutti. In questo scenario, i Rez Dogs vedono la California come un sogno di libertà.
Dalla parte degli ultimi
Pur essendo geograficamente lontano dall’Oklahoma dei nativi, Taika Waititi si dimostra sempre dalla parte degli ultimi, dei reietti, dei colonizzati. In quanto maori, ne sa qualcosa. Il suo lavoro come regista e/o sceneggiatore si sta focalizzando non solo sulle vicende degli oppressi, ma anche sulla coscienza dei colonizzatori (o dei loro discendenti), come si è visto in Thor: Ragnarok. L’umorismo è una forma di reazione, e accomuna le origini di Waititi a quelle di Harjo: entrambe le loro comunità lo usano per combattere il paternalismo occidentale. Reservation Dogs ce ne offre un fulgido esempio, promettendo grandi cose per il resto della stagione.