Sinner-Clostebol, il caso non è chiuso

E così la vicenda Clostebol non è ancora chiusa, come invece i più ottimisti sui siti e sui social ritenevano. Mentre Jannik Sinner era in campo contro Safiullin a Pechino, è arrivata la notizia, resa nota dalla Wada, che la stessa Wada, ovvero l’agenzia mondiale antidoping, ha fatto ricorso al Tas contro l’assoluzione del n. 1 del mondo, sottolineando di non ritenere corretta la “constatazione di assenza di colpa” e chiedendo per Jannik uno stop da uno a due anni.

    Il caso di doping che ha coinvolto il tennista altoatesino, assolto dalla Itia (International Tennis Integrity Agency) è cominciato quando si è saputo, dopo i Giochi di Parigi a cui Sinner non aveva preso parte per una tonsillite, che lo stesso Sinner era risultato positivo il 10 marzo, durante il torneo di Indian Wells. Tracce del metabolita del clostebol, ovvero quello che rimane dopo che la sostanza proibita è stata metabolizzata nell’organismo ma non ancora completamente espulsa, erano emerse anche in un secondo controllo effettuato fuori dal torneo otto giorni dopo.

    In entrambi i casi Sinner si era appellato con successo contro la sospensione provvisoria che scatta in queste situazioni e ha potuto così continuare a giocare. Il numero 1 del mondo aveva spiegato di essere venuto a contatto con il clostebol per contaminazione. La sostanza è infatti contenuta nel Trofodermin, farmaco da banco in Italia utilizzato per trattare una piccola ferita del suo allora fisioterapista, Giacomo Naldi, che aveva effettuato in quei giorni massaggi e altri trattamenti a Sinner, il quale poi lo ha licenziato dopo che il caso è venuto alla luce. Quanto al n. 1 del mondo, in più occasioni, anche dopo aver vinto gli US Open, aveva espresso la propria amarezza rivelando di essere stato condizionato dalla vicenda e di averla superata “con l’aiuto di chi mi è stato sempre vicino”.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Leggi su ansa.it