Tumore prostata in aumento tra giovani, occhio a familiarità

(ANSA) – ROMA, 01 OTT – Il tumore della prostata colpisce
sempre di più i “giovani” nel nostro paese: il numero di nuovi
casi cresce del 3,4% l’anno tra gli under-50. È il dato emerso
durante il XXXI congresso nazionale della Società Italiana di
Urologia Oncologica (SIUrO), con gli occhi puntati sulla
medicina di precisione per indirizzare sempre più il singolo
paziente alle terapie più adatte al suo caso.
    “Il carcinoma prostatico spesso nei pazienti più giovani è
asintomatico oppure molto aggressivo”, afferma Alberto Lapini,
Presidente Nazionale SIUrO. I giovani con familiarità devono
svolgere il test del PSA già a 40 anni. Infatti, per loro il
rischio è di 3-5 volte superiore.
    “Dobbiamo riuscire a dare un inquadramento sempre più
appropriato dei nostri pazienti – afferma Giario Conti,
Segretario Nazionale SIUrO. La ricerca sta perfezionando i test
genetici e altre tecnologie diagnostiche”, sempre più importanti
via via che si renderanno disponibili farmaci molecolari mirati
come quelli già in uso con successo nella cura del carcinoma
della mammella e dell’ovaio. Inoltre, le strategie terapeutiche
devono essere decise e concordate da un team multidisciplinare,
sottolinea Renzo Colombo, Vice Presidente SIUrO. Lo scorso anno in Italia il totale dei casi di tumori
genitourinari è stato di 76.800: 36.000 nuovi casi per il cancro
alla prostata, 13.500 al rene, 2.300 al testicolo e 25.000 alla
vescica. “La pandemia ha pesantemente influenzato i livelli di
assistenza per i pazienti – sostiene Rolando Maria D’Angelillo,
Consigliere Nazionale SIUrO -. In molte strutture sanitarie
oncologiche i trattamenti chirurgici, farmacologici e
radioterapici sono stati interrotti o comunque drasticamente
ridotti. Ora la situazione risulta decisamente migliorata e i
rischi di contagio in ospedale sono quasi nulli. Tuttavia
notiamo ancora una diffidenza da parte di alcuni pazienti a
recarsi negli ambulatori per ricevere cure ed esami”. “Una
possibile soluzione è il ricorso a terapie a lungo termine,
trimestrali e semestrali, per il trattamento del carcinoma
prostatico – afferma Conti – così da limitare gli accessi agli
ospedali e al tempo stesso favorisce l’aderenza terapeutica.
    Adesso possiamo tornare ai volumi di assistenza prepandemici,
sottolineano gli esperti in conclusione, l’ospedale è ritornato
un luogo sicuro. (ANSA).
   

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