domenica, 24 Novembre 2024
Diptyque celebra 60 anni con una mostra e una collezione dedicata a cinque capitali
Lo scrittore Patrick Süskind nel suo best seller, Profumo, raccontava: «Poiché gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore, davanti alla bellezza, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti.Ma non potevano sottrarsi al profumo. Poiché il profumo era fratello del respiro».
Il respiro di diptyque celebra i suoi primi 60 anni e ci porta in un viaggio verso luoghi lontani, coinvolgendo artisti contemporanei di fama internazionale e profumieri che offrono la propria visione di viaggio, interpretando le destinazioni iconiche di diptyque. L’esposizione, curata da Jérôme Sans, si intitola Voyages Immobiles – Le Grand Tour e andrà in scena a La Poste du Louvre a Parigi fino al prossimo 24 ottobre.
Le cinque città protagoniste di questo viaggio nell’arte e nel profumo sono Parigi, interpretata dall’artista malgascio Joël Andrianomearisoa; Venezia, reimmaginata dal belga Johan Creten che in Laguna acquista i bronzi per la sua collezione; Milea, evocata dalla pittrice e scultrice Zoë Paul, residente ad Atene; Byblos, raccontata dallo stilista Rabih Kayrouz che vi è cresciuto; e infine Kyoto, la perla del Giappone sublimata dal fotografo, scultore e architetto Hiroshi Sugimoto.
Voyages Immobiles – Le Grand Tour interroga la straordinaria polisemia del viaggio nell’epoca del nomadismo internazionale e presenta edizioni esclusive che rappresentano una prima assoluta per la Maison. Cinque opere e altrettanti universi, commisurati all’importanza dell’evento, propizi all’evasione e al risveglio dei sensi e della fantasia.
Tra le creazioni in mostra troviamo «La Laguna» una candela bluastra dai profumi marini che, consumandosi, rivela una scultura in bronzo. Ma c’è anche «Secretum», una scatola delle meraviglie contenente un oggetto con le note del profumo Byblos. E poi ancora «Fragrance of Infinity», una bottiglia di profumo ispirata al “modello matematico” installato nel bosco di bambù di Kankitsuzan.
Voyages Immobiles – Le Grand Tour diptyque www.youtube.com
La celebrazione dei 60 anni di diptyque continua anche in una collezione di prodotti, eco contemporanea della storia della Maison e del trio di fondatori – Desmond Knox-Leet, Yves Coueslant e Christiane Montadre – pensata per esprimere la passione per il viaggio, reale o immaginario, e il gusto per la scoperta dell’altro.
Diptyque riprende il termine «Le Gran Tour», il nome dato al viaggio educativo e di iniziazione che generazioni di giovani aristocratici – ma anche artisti e scrittori – hanno intrapreso nei secoli recandosi in Europa alla ricerca della conoscenza. I fondatori della Maison si sono spesso ispirati ai ricordi delle destinazioni in cui avevano viaggiato. Collezionisti creativi con un occhio per l’anticonvenzionale, questi “fornitori di inezie” creavano oggetti ispirati dall’arte popolare e da reperti insoliti provenienti dai quattro angoli del mondo.
Sessant’anni dopo, la storia e l’arte sono diventati elementi distintivi della Maison e della sua singolare personalità. Ecco allora che le cinque mete presentate in mostra a Parigi diventano profumi, candele e saponi, per viaggiare anche solo con la mente e scoprire nuove culture.
Iniziamo da Parigi. All’ombra della Tour Eiffel e tra i quartieri della Rive Gauche, appare la candela Paris nella sua veste gradiente di blu e grigio con un nuovo coperchio in bachelite nera. Tra antiquari e librai, questa candela dalle note di legno cedrato, libri d’epoca e note minerali dei pavé parigini, è perfetta per chi ama immergersi completamente in un luogo.
Continuiamo con Venezia, la città del viaggio – tappa dello storico Orient Express – che per l’occasione diventa un eau de toilette da viaggio, prodotto in tre comodi flaconi da 7,5 ml con un sacchetto decorato in verde Venezia. Qui, il basilico fresco dialoga con i peperoni verdi, mentre gli accenti vivi del mandarino rispondono alle note di vetiver.
Dalla Laguna fino in Grecia, più precisamente a Milea (Milies). Diptyque ci porta tra i sentieri del Monte Pelio che dal mare portano alla nostra meta, Tra i campi di fico cinti da cipressi spunta l’ovale profumato dove l’elicriso incontra la freschezza del vento mediterraneo. Questo piccolo oggetto per la casa riprende i colori del mare greco e si arricchisce di incantevoli perle di marmo per un aspetto raffinato.
Attraversiamo il porto più antico del mondo per giungere a Byblos. Una nuova cancella, in modello grande, emana un profumo di caffè torrefatto e di note di cedro. Nell’aria, sospeso, appare anche un accenno di seme di cardamomo come se il tempo si fosse fermano nel grande sul ottomano. Anhe il valo di terre mêlée riporta a questo luogo ricco di storia.
Concludiamo questo meraviglioso viaggio in Giappone, più precisamente tra i templi di Kyoto. Traendo ispirazione dall’Ikebana, l’arte della composizione floreale giapponese, diptyque si affida ai tre elementi da cui tutto è iniziato (anche la scrittura Kanji): l’uomo, il cielo e la terra. Ecco allora che la rosa, l’incenso e il vetiver si fondono in una fragranza esclusiva. Sul flacone, un tessuto dal motivo Sarayi, una delle stampe disegnate dai fondatori di diptyque, ed ennesimo omaggio alla cultura giapponese in cui le geishe si vestono delle migliori sete.
Omaggio alla Parigi letteraria, prima destinazione e punto di ancoraggio storico di diptyque, l’installazione «Time after Time», composta da due opere, evoca un’erranza emotiva ed estetica attraverso le opere di carta dell’artista malgascio Joël Andrianomearisoa.
Poeta che attraversa il mondo, celebra la rinascita di un nuovo tempo con Un temps après la jeunesse, un «racconto che unisce presente, proiezione e malinconia» che si sviluppa su 34 pannelli, come il numero civico del 34 Boulevard Saint‑Germain, indirizzo storico della Maison, e come il numero delle storie possibili, perché «Parigi è un romanzo». E un romanzo profumato dallo note di legno cerato degli antiquari, del pavé parigino e delle pagine dei vecchi libri.
«Athens by Night», un ambiente immersivo dell’artista greco Andreas Angelidakis, trasforma il viaggio attraverso le vestigia della città antica in un’esperienza sensoriale e virtuale, facendo entrare in collisione la storia di Atene con quella di altri futuri possibili.
Incisioni di rovine in all over si impadroniscono dei muri su cui gli schermi, come da una finestra che solcano la città, diffondendo una miriade di immagini orfane trovate liberamente su Creative Commons. L’artista parla di «post-rovine» o di rovine dell’era digitale riferendosi a queste migliaia di dati, di immagini e di storie che svaniscono nei meandri di una memoria collettiva digitale.
Come altrettanti frammenti archeologici di marmo greco, dei moduli in cuscino di schiuma sono moltiplicati in copie di essi stessi come se obbedissero a «un linguaggio di un codice di costruzione per il computer». Questi blocchi ludici possono essere spostati, impilati, e si prestano alla libera interpretazione dei visitatori che su di essi possono riposarsi, discutere, fantasticare o giocare con una costruzione collettiva a misura d’uomo che punta a ricostruire un mondo comune.
«La Laguna» presentata nell’installazione di Gregor Hildebrandt: miniatura in bronzo di una sirena immersa in una cera di un blu-verde traslucido, dai colori e profumi al contempo verdi e iodati della laguna, apparendo man mano che la candela si consuma, ricordando le acque di Venezia che minacciano l’acqua alta.
Per l’artista, «Venezia è la città di tutte le fantasie, un miraggio, un fantasma, una sirena, una città dalla bellezza brutale e viva, decadente e delirante». La sirena e l’acqua non sono altro che una forza di seduzione e di vita ma anche di morte. Figura enigmatica, la sirena è una presenza che dà l’allarme a un mondo che sta scomparendo, creando un’emozione che ci sommerge.
Dalla prima grande scultura, in terra, che non è figurativa, sorge un’emozione che proviene dal lavoro istintivo della terra. In un gioco di contrasti, la seconda grande scultura, in resina, si rivela in tutta la sua trasparenza e la sua contemporaneità, lasciando intuire la struttura interna.
Un viaggio nella scia del tempo e negli archivi musicali e cinematografici ispirati dalla grande storia di Venezia. Una destinazione piena di senso per l’artista, luogo dove ha realizzato una serie di opere agli inizi della sua carriera e da cui non ha più cessato di trarre ispirazione. Immersiva, la sua installazione corre sulle pareti come una seconda pelle, un corpo vivente. Gregor Hildebrandt sviluppa in una monumentalità inedita la sua famosa tecnica del rip-off, che si sdoppia qui con pitture di bande magnetiche presentate sempre da coppie, come una versione positiva-negativa di un medesimo motivo o il lato A e B di una cassetta o di un vinile. Una vibrazione impercettibile si crea nello spazio che sfuma progressivamente dal nero verso il bianco lungo tutto lo spostamento.
Reminiscenze dell’architettura veneziana, una serie di colonne dalle influenze brancusiane e barocche in vinile termoformato come la stessa forma di una matrice dialogano con altre opere di Gregor Hildebrandt ispirate alla musicalità di Venezia, le sue isolette, il Canal Grande, l’architettura, le arti decorative, le muse cinematografiche, ma anche con l’edizione La Laguna dell’artista belga Johan Creten.
In «À la source des lignes lointaines», Chourouk Hriech evoca i mondi immaginati di Byblos e di altri luoghi nelle grandi cartografie oniriche che attraversano degli uccelli migratori immaginari, simboli del volo, dell’amore e della libertà.
Mescolando diverse fonti iconografiche, i grandi rotoli di disegni sono una testimonianza delle stratificazioni della città e dei paesaggi, dei regni aviari fugaci e colorati.
Gli uccelli rappresentati non sono stati scelti per la loro appartenenza a spazi particolari o a zone geografiche specifiche, ma risultano dall’ibridazione tra quelli incontrati dall’artista “in natura” o nelle incisioni antiche, in un gioco in cui l’osservazione e l’immaginazione si mescolano di continuo.
Chourouk Hriech si appropria del colore per simboleggiare il tema urgente della loro scomparsa, per resuscitarli grazie a una presa di coscienza collettiva. In un film leggero su vetrofanie, evoca l’immagine in movimento di un cielo di cui tenta di disegnare nuvole e contorni, come una lotta impossibile con gli elementi.
Un cielo comune ove si dissipano le frontiere tra tutte le forme di vita animali, organiche e vegetali.
In questo universo, il cofanetto in legno di cedro di Rabih Kayrouz, artista libanese di Haute Couture, è una reminiscenza di Byblos, città storica vicina ai luoghi in cui è cresciuto e che lo affascinano dall’infanzia.
Gli fornisce la fonte di ispirazione legata alla storia dei fondatori di diptyque: quali ricordi avrebbero potuto portare a casa da uno dei loro viaggi a Byblos?
In uno scrigno chiamato «Secretum» riposano così tre piccole sculture: il frammento di un modellino di un tempio, il fossile di un papavero, fiore nato nella vicina valle dell’Adone, e un frammento d’oro di una corona di cedro che avrebbe potuto appartenere al re di Byblos.Custodisce e protegge anche il profumo di Byblos, mescolando caffè e cedro, particolarmente evocativi del Libano.
Globi terrestri dell’artista corso Ange Leccia. Bisogna quindi alzare gli occhi al cielo per abbracciare un orizzonte più ampio. Dei globi che appartengono a una tradizione antica legata alla storia della geografia, producendo qui un calore visivo e poetico proprio al mondo contemporaneo grazie all’uso del ready-made e della luce elettrica. La figura archetipo del globo terrestre è qui moltiplicata per proteggerci sotto a un soffitto di mondi senza frontiere, verso un viaggio infinito.
Gli Arrangements sono sempre stati oggetti legati agli spostamenti e al confronto. Riposano sull’analogia tra questa nozione di velocità, il carattere effimero del mondo contemporaneo, la fragilità di un tempo che si accelera sempre più.
Nell’epoca della globalizzazione, la ripetizione del mappamondo luminoso che moltiplica l’immagine della Terra mette in prospettiva la fragilità degli ecosistemi di cui l’artista ci invita poeticamente a prendere coscienza.
Un’altra visione della Grecia viene proposta poco oltre da Zoë Paul che trae ispirazione nell’iconografia dell’arte antica e nelle scene mitologiche greche.
Un recente viaggio nel villaggio di Milies, in Tessaglia, la porta a scoprire una grotta, nota come l’antro del centauro Chirone, guaritore famoso per la sua saggezza, la sua scienza e le sue conoscenze botaniche e medicinali. L’animo ammaliante del luogo e la sua spiritualità hanno ispirato all’artista la creazione di The Cave of Chiron: una piccola tenda di perle in ceramica che disegna una mano, elemento ricorrente nel lavoro dell’artista e riferimento alla creatura leggendaria.La mano, simbolo sacro che rimanda alla cura, all’amore e all’arte, è così evocatrice di uno sguardo benevolo sull’umanità.
Dialogano con quest’opera un insieme di sculture di frammenti di corpi ma anche di vasi antropomorfi, poggiati su basi in legno lavorato e usurato dal tempo.
L’opera fotografica appesa all’ingresso s’intitola Opticks 025. La serie Opticks è costituita da impressioni di luci catturate sulla pellicola per Polaroid realizzate da Isaac Newton riproducendo la spettroscopia quando, da Londra, si rifugia nella sua regione natale a Woolsthorpe durante l’epidemia di peste nel 1665. Materializza e fissa sulla carta alcuni di questi colori particolari estratti dalla luce. Tra i colori, che si vedono come un colore unico, sembrano in realtà vibrare.Il colore di Opticks 25 richiama Fragrance of infinity. Sulla parete a destra viene proiettato un video di Kankitsuzan x Hiroshi Sugimoto che ha ispirato il profumo di questa edizione d’artista. Davanti alla proiezione, al centro della stanza, è installato un flacone di vetro creato da Hiroshi Sugimoto. Realizzato in vetro ottico, permette di generare il prisma della serie Opticks. I riflessi complessi che si possono scorgere nel flacone permettono di vedere tante e diverse immagini a seconda di angolazione e punto di vista.