mercoledì, 27 Novembre 2024
In Italia 6 milioni con malattie occhi, a rischio accesso a cure
Si avvicina inesorabilmente la fine del countdown per le cure oftalmologiche erogate dal Servizio Sanitario Nazionale. Mancano infatti circa 3 mesi all’entrata in vigore dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), già una volta rimandata, e quando succederà il prossimo gennaio l’oculistica rischia di ‘uscire’ dal sistema sanitario. A pagarne le conseguenze saranno i 6 milioni di italiani che, a livelli di gravità diversi, soffrono di una malattia oculare. A puntare i riflettori sul futuro delle cure oculistiche in Italia, in occasione della Giornata Mondiale della Vista che si celebra il prossimo 10 ottobre, è l’Associazione Pazienti Malattie Oculari (Apmo).
“Medici e pazienti – spiega Michele Allamprese, direttore esecutivo Apmo – sono estremamente preoccupati per le possibili conseguenze dell’entrata in vigore dei nuovi Lea. Con la riduzione significativa dei risarcimenti per interventi e cure alle strutture pubbliche, nessun ospedale potrà garantire ai pazienti un accesso equo e tempestivo. A quel punto gli unici pazienti che potranno curarsi saranno coloro che hanno i mezzi economici per rivolgersi a specialisti e strutture private.
Mentre chi non potrà pagarsi le cure di tasca propria è destinato a diventare cieco o ipovedente”. L’oftalmologo definisce ‘miope’ l’intento di risparmiare l’oculistica per risparmiare risorse pubbliche, visto che “sacrificare l’oculistica costa molto più di quanto faccia risparmiare sia in termini economici che sociali”.
Secondo Francesco Bandello, direttore dipartimento di Oftalmologia, Università Vita Salute San Raffaele Milano e presidente Apmo, “con l’entrata in vigore dei nuovi Lea il destino dell’Oculistica pare segnato e potrebbe seguire quello stesso dell’Odontoiatria: sempre meno pazienti potranno rivolgersi a specialisti in strutture pubbliche. I nuovi Lea prevedono ad esempio un risarcimento per l’intervento di cataratta per ospedali del servizio sanitario e strutture accreditate di circa 800 euro: una cifra troppo bassa perché non adeguata a compensare le spese di personale e materiali”.
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