sabato, 23 Novembre 2024
‘Cinema come causa di disturbi’, studio degli anni ’20
“Il cinematografo nell’etiologia
di malattie nervose e mentali soprattutto dell’età giovanile”:
anche di questo si parlerà nel corso del 49° congresso della
Società di Storia Internazionale della Medicina, al via oggi a
Salerno. All’interno delle sessioni previste, infatti, verrà
presentato – sabato 12 ottobre alle ore 12.15 al Teatro Augusteo
– anche un interessante articolo rinvenuto nella biblioteca del
manicomio di Nocera Inferiore e scritto dallo psichiatra
Guglielmo Mondio. Lo studio fu pubblicato nel 1924 in una
rivista stampata dal manicomio. A ritrovare questo testo, un
gruppo di cinque archiviste libere professioniste che
collaborano con la Fondazione Cerps. “Il prof. Mondio – spiega
all’ANSA l’archivista Francesca Donato – aveva analizzato i
comportamenti di dodici adolescenti – con contesti familiari
spesso degradati – fatti internare principalmente su volere
delle famiglie nel manicomio di Messina a causa di una presunta
dipendenza dal cinema. Seppur non possiamo parlare di uno studio
che ha una valenza scientifica conclamata in quanto manca una
forte base statistica, è interessante l’oggetto dello studio. Un
secolo fa si parlava di dipendenza dal cinema, visto come un un
nuovo mezzo di comunicazione ancora poco noto, e ora si parla di
disturbi giovanili legati alla dipendenza da internet. Vi erano
– ha aggiunto Donato – anche alcune ragazze che erano state
rinchiuse per questa dipendenza dal cinema. E’ importante
esaminare il profilo storico nel quale si inserisce lo studio.
Sugli schermi comparivano per la prima volta donne eroine,
libere e senza pudori. Da qui, le ragazze che frequentavano il
cinema iniziavano ad innamorarsi dei propri coetanei
frequentatori dei medesimi luoghi e avevano comportamenti
ritenuti libertini, mentre per i ragazzi, il professor Mondio
parlava di devianze sessuali”.
In molti casi, già alla base – secondo quanto spiegano gli
studiosi – oltre a contesti degradati ed estrazioni sociali
difficili, vi erano padri alcolisti, madri neuropatiche o
isteriche, fratelli epilettici o sorelle affette da nervosismo
accentuato. Tra i ragazzi analizzati, tra i 10 e i 18 anni, vi
era Francesco B. di 12 anni, visitato nel giugno del 1914.
Insieme ad alcuni suoi compagni di ginnasio, aveva iniziato a
frequentare il cinema. “Si appartavano (…) – si legge nelle
carte dello psichiatra – per ripetersi le scene, gli episodi, i
drammi dell’ultimo spettacolo visto. Erano distratti durante le
lezioni, non facevano i compiti loro assegnati”.
A luglio del ’15, è la volta di due sorelle, Concetta e Laura,
rispettivamente di 14 e 18 anni che andavano al “cinematografo
per molte ore finché una sera sono state arrestate per
comportamento e linguaggio osceni usate da entrambe in pubblico.
La maggiore delle sorelle venne alla mia osservazione perché
affetta da nevrosi istero-epilettica e da sifilide”.
Nei casi di studio, l’unica ragazza più grande, era stata una
certa Tilde, 20 anni, sposata da due, padre bevitore, uno zio
paterno epilettico. Andando al cinema, aveva iniziato a
frequentare un giovane finché il marito non se ne accorse.
“Avvenne che una sera – racconta lo stesso Mondio – il pubblico
cinematografico ebbe la sorpresa e il panico di assistere ad una
rivolverata tirata dal marito tradito contro il rivale. Mentre
l’amante moriva all’ospedale e il marito restava chiuso in
carcere, la Tilde entrava nel manicomio con tutta la solita
fenomenologia: allucinazioni visive, confusione mentale, deliri
erotici, agitazione, sitofonia ed insonnia”.
Per lo psichiatra, dunque, il cinematografo era visto come “la
sorgente più vasta di gravissimi danni per la vita psichica
dell’umanità in genere e per la sessuale degli adolescenti in
specie”. Forse, invece, quei giovani gridavano solo libertà e
non volevano accettare le ferree regole imposte da una società
che comunque stava cambiando.
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