sabato, 23 Novembre 2024
Sintomi depressivi in 6 adulti su 100, uno su 3 non chiede aiuto
Il 6% degli adulti italiani riferisce
di avere sintomi depressivi, una quota in calo nella popolazione
generale che aumenta però nei giovani tra 18 e 34 anni. Ma uno
su tre non chiede aiuto. In particolare problemi depressivi sono
frequenti in gravidanza e nel periodo postnatale, tanto che ne
soffre una donna su cinque, ma per loro non c’è sufficiente
supporto da parte dei Dipartimenti di Salute mentale. Lo
affermano i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, in occasione
della Giornata Mondiale della Salute Mentale che si celebra
oggi, 10 ottobre.
I sintomi depressivi si manifestano, in chi ne soffre,
quasi 10 giorni al mese e limitano nelle attività quotidiane per
quasi 8 giorni al mese. Secondo i risultati delle sorveglianze
Passi e Passi d’Argento, sono generalmente più frequenti fra le
donne (7%), fra le persone in difficoltà economiche (19%) e
affette da patologia cronica (11%). Solo il 65% delle persone
intervistate che riferiscono sintomi depressivi però ricorre
all’aiuto di medici o operatori sanitari. Dal 2008 ad oggi, la
prevalenza di chi ne soffre si è ridotta ma tra le donne e i
giovani 18-34enni il trend, negli ultimi anni, è addirittura in
aumento. I sintomi depressivi diventano più frequenti anche con
l’avanzare dell’età: la percentuale raggiunge il 14% dopo gli 85
anni.
Attenzione particolare va data alle donne incinte e alle
neomamme. É stato appena pubblicato sulla rivista European
Psychiatry un articolo frutto della collaborazione tra
ricercatori dell’Iss e della London School of Economics, che
descrive il supporto disponibile nei Dipartimenti di Salute
Mentale italiani per le donne con disturbi mentali perinatali,
confrontandolo con le linee guida internazionali. Ne è emerso
che solo il 58% dei Dipartimenti offre un counselling
preconcezionale e il 54% non ha un professionista di riferimento
per la psicofarmacoterapia durante la gravidanza e
l’allattamento. “I risultati segnalano – spiega Ilaria Lega,
che ha coordinato lo studio – l’urgenza di rendere disponibili
nei servizi di salute mentale formazione specifica e personale”
per “promuovere la salute di almeno due generazioni”.
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