Doping: sentenza Halep, Tas ‘il fisioterapista non è un medico’

Sono state rese note dal Tribunale di
Arbitrato dello Sport le motivazioni che lo scorso marzo hanno
portato alla squalifica di Simona Halep, vincitrice al Roland
Garros nel 2018 e a Wimbledon nel 2019, ex numero 1 del circuito
femminile, fermata 9 mesi per “incauto utilizzo di un
integratore contaminato”, assunto dalla rumena sotto consiglio
della fisioterapista personale “che non è un medico o un
clinico”. Un caso che può ricordare quello del Clostebol in cui
è incappato Jannik Sinner, anch’esso al vaglio dei giudici del
Tas.
    Nella sentenza i giudici con sede a Losanna si chiedono “come
mai in un ambiente di così elevata professionalità questioni
legate a possibili problemi con l’antidoping siano affidate a
persone che non abbiano esperienza in questo settore”. E ancora: “L’atleta avrebbe dovuto capire i limiti delle qualifiche della
sua fisioterapista e il fatto che si stesse giocando un torneo
negli Stati Uniti, in un continente lontano dal suo, non può
giustificare la mancata consultazione di uno specialista e
l’affidamento di un compito così delicato a una persona senza le
necessarie competenze mediche”.
    A marzo il TAS aveva comunque ridotto da 4 anni a 9 mesi la
squalifica inflitta alla Halep – positiva ad un controllo del 29
agosto 2022 dopo gli Us Open – dall’Itia, l’agenzia
internazionale per l’integrità del tennis, la stessa che ha
assolto Sinner.
   

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