Liliana Segre, ‘vado avanti anche in questo tempo orribile’

(di Alessandra Magliaro) Liliana Segre a 94 anni conserva una
lucidità implacabile. Costretta a ricordare, costretta “ad
essere Segre” con la sua storia terribile impressa in quel
numero tatuato sul braccio ad Auschwitz a 13 anni, 75190 per il
semplice razzista fatto di essere ebre, il suo essere
sopravvissuta e la sua scelta di farsi simbolo, testimone,
memoria. La senatrice a vita è però anche Liliana, l’ex bimba di
Corso Magenta 55 a Milano con la famiglia sterminata, poi
innamorata, moglie, madre, nonna, passaggi che per una donna
come lei non sono comuni nè scontati. Ecco perchè Liliana, il
film di Ruggero Gabbai oggi alla Festa di Roma, è un commovente
e potente film testamento che restituisce al pubblico una donna
con una vita eccezionale, entra nel dettaglio di tutta la sua
esistenza e documenta anche il suo privato, che comprende anche
solitudine, depressione, pessimismo, e per la prima (e unica)
volta la voce è anche quella dei figli Federica e Alberto e
persino del nipote Filippo. Il film di Gabbai, in cui
intervengono Ferruccio De Bortoli, Fabio Fazio, Enrico Mentana è
costruito intorno a storiche interviste di inizio anni ’90
custodite al Cdec e un’altra intervista realizzata a settembre
2024 nella sinagoga di Pesaro e al mare. “La Liliana che si vede
nel film sulla spiaggia parlava a settembre, pochi giorni dopo
c’è stato il 7 ottobre. Quello che è accaduto mi ha colpito in
un modo tale che io non mi riconosco più in quella persona, non
sono più io” ha voluto dire Liliana Segre incontrando la stampa
all’Auditorium Parco della Musica.
    A volere il film sono stati soprattutto i figli, consapevoli
dell’eccezionalità di quella madre che per 45 anni non ha detto
nulla della sua esperienza, “il ricordo non mi ha mai
abbandonato ma ho dovuto aspettare di diventare nonna per avere
dentro di me la forza di testimoniare”. Da allora non ha mai
smesso, diventando motore di tanti segni per non dimenticare
primo fra tutti Binario 21, il memoriale della Shoah alla
stazione di Milano. “Ci eravamo incontrati 30 anni fa quando ho
realizzato il film Memoria in cui 97 ebrei sopravvissuti
ricordavano. Parlando con i figli, vedendo la sua grande
lucidità si è pensato che si potevano elaborare i materiali
dell’archivio della fondazione ebraica Cdec e girare ancora”, ha
raccontato Ruggero Gabbai.
    Nel film racconta di avere costante nella sua vita il pessimismo
e oggi? “Il pessimismo vive in me, persino in antitesi con me
stessa che uscendo da Auschwitz ed evitando di uccidere il mio
aguzzino tedesco avevo scelto di non odiare, avevo scelto la
vita. Durante la marcia della morte – ha risposto all’ANSA – non
avevo scelta, dovevo camminare per vivere. E così oggi sono
pessimista ma non posso fare a meno di mettere una gamba davanti
l’altra anche in un momento orribile come questo”. Sulla
situazione attuale non ha aggiunto altro, evidentemente già
troppo pesante il suo bagaglio. Il pessimismo le fa però
aggiungere che “tra 30 anni sulla Shoah ci sarà nei libri un
rigo e poi neanche più quello e non solo per merito dei
negazionisti sempre attivi come quelli che vagliando le
testimonianze custodite al Cdec riuscivano a capire nelle maglie
del discorso doloroso dei sopravvissuti un errorirono da
esaltare. Con il tempo che passa si dimentica tutto, non solo la
Shoah. Alcuni paesi poi come la Germania hanno fatto un grande
lavoro di elaborazione del passato, in Francia no e in Italia
ritengo neppure. Io ho fatto la mia piccola parte di donna di
pace che non ha concepito la vendetta, sono vecchia e mi fa
essere serena, anche se questa recrudescenza di antisemitismo,
lo ammetto, non me lo aspettavo” ha aggiunto Segre che è
costretta ad essere protetta dalla scorta.
    “Liliana” ripercorre ogni tappa della sua vita, un racconto
ascoltato già in altre occasioni, quello che però il film svela
riguarda i figli e anche il trauma di esserlo. In una scena
terribile Federica Belli Pace racconta che a 13 anni la madre le
lesse il suo diario della prigionia, “qualcosa – dice la figlia
– di terapeutico per lei che aveva vissuto Auschwitz a
quell’età, traumatico per me”. Ha ammesso oggi con sincerità
Liliana Segre: “Non mi ricordavo di essere stata così orribile,
sono pentitissima di aver fatto una cosa del genere, non penso
di aver fatto bene a lei e non mi riconosco neanche in una madre
che ha una ragazzina di 13 anni, sapendo come si è a quell’età
ed avendo provato il peggio, va a raccontare a lei dei fatti”
dice illuminando il vissuto tremendo delle seconde generazioni
dei deportati su cui poco si è raccontato in Italia.
    E ha concluso: “Durante questi 30 anni di testimonianze nessun
sopravvissuto, neppure io, ha avuto mai la forza di raccontare
la testimonianza fino in fondo. Non esistono parole in italiano
o in tedesco per cui un testimone della Shoah possa
raccontarla”.
    Il film che è stato acquistato da Rai Cinema e andrà in onda
prossimamente, sarà il 14 novembre presentato a Milano dove è
nata e successivamente al consolato italiano a Los Angeles.
   
   

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