Zingaretti, io padre tranviere di un figlio difficile

‘La casa degli sguardi’, tratto dal
romanzo omonimo di Daniele Mencarelli (Mondadori), è un gran
bell’esordio alla regia da parte di Luca Zingaretti per la
bellezza della storia, la ricostruzione degli ambienti di lavoro
e, infine, per la sua recitazione nella parte di un padre
amorevole e triste di Marco, un figlio problematico e poeta
interpretato da uno straordinario Gianmarco Franchini.
    Il film, che passa oggi alla Festa di Roma e sarà in sala in
primavera con Lucky red, parla di dolore, di lutto, ma anche
della capacità omeopatica di superare la sofferenza essendo
consapevoli che alla fine ci riguarda tutti, che è una
condizione umana possibile da vivere e sopportare insieme agli
altri.
    Marco, vent’ anni, dopo la morte della madre ha una sola
mission: distruggersi. Lo fa prima con la cocaina e altre droghe
e poi con l’alcool, unico suo sfogo la poesia. Il padre che
guida il tram a Roma, esattamente il 19, c’è sempre per lui, ma
è come impotente, non sa come salvarlo. Alla fine arriva per il
ragazzo un lavoro, addetto alle pulizie al Bambino Gesù, dove
Marco incontra un ambiente di lavoro ad alta concentrazione
romanesca, felicemente ricostruito da Zingaretti, ma anche il
dolore dalla parte più sbagliata: la malattia dei bambini.
    “È un film che parla del dolore, non in termini negativi, ma
come ingrediente necessario per la felicità, perché dolore e
gioia sono fatti della stessa materia – dice Zingaretti -, ma è
anche un film sulla poesia, sulla bellezza e sulla loro capacità
salvifica e che parla di genitori e figli e della capacità di
essere presenti, come atto di amore più puro”.
    E ancora Zingaretti sul disagio dei giovani d’oggi: “Il mal di
vivere dei ragazzi oggi è superiore al nostro. È un mondo che
cambia troppo in fretta e il peggio deve ancora venire con
l’intelligenza artificiale. Un cambiamento che sembra rallentato
solo per la politica. Che padre sono? Un uomo legato alla natura
e della working class quindi con solide credenze etiche. Non a
caso fa il tranviere, uno che fa sempre lo stesso percorso quasi
a indicare al figlio: tu sai dove trovarmi”.
   

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