Pinzette molecolari contro una rara malattia genetica infantile

Vere e proprie ‘pinzette’ molecolari,
disegnate ad hoc per arrestare l’accumulo di sostanze tossiche
nel cervello dei bambini e prevenire i danni tipici di una rara
e gravissima malattia genetica, la sindrome di Sanfilippo: sono
state messe a punto da un gruppo internazionale di ricercatori
guidato dal Ceinge di Napoli, con la collaborazione anche di
Università Federico II di Napoli e Istituto Telethon di Genetica
e Medicina (Tigem) di Pozzuoli.
    Sperimentato nei topi, questo trattamento non solo ha
protetto il cervello dalla neurodegenerazione, ma si è
dimostrato in grado di potenziare gli effetti della terapia
genica. Lo studio, pubblicato sulla rivista Molecular Therapy,
potrebbe aprire nuove prospettive per la cura di questa
patologia e anche di tante altre malattie neurodegenerative,
come l’Alzheimer.
    La sindrome di Sanfilippo è una rara malattia metabolica
dovuta alla mancanza di un enzima responsabile dello smaltimento
di una sostanza di scarto, che si accumula in particolare nel
cervello. Già intorno ai 3 anni, i bambini colpiti perdono tutte
le capacità acquisite e vanno incontro a convulsioni e disturbi
del movimento, con un’aspettativa di vita che raramente supera i
20 anni. Oltre alle terapie sperimentali al momento disponibili,
i ricercatori coordinati da Alessandro Fraldi hanno ora trovato
il modo di aggredire la malattia anche da un altro fronte.
    “La chiave sta nelle ‘pinzette molecolari’, ossia molecole
che inibiscono l’accumulo dell’amiloide, un’altra sostanza
tossica”, dice Fraldi. “Accumuli di questa proteina sono
presenti in numerose malattie neurodegenerative, come
l’Alzheimer: bloccandoli è come se mettessimo un freno alla
neurodegenerazione, limitando un effetto tossico a valle del
difetto genetico. Inoltre, nel modello murino – continua Fraldi
– abbiamo dimostrato che questi farmaci, se somministrati in
combinazione con la terapia genica, ne potenziano l’effetto
terapeutico. Questi risultati ci fanno ben sperare di poter
valutare presto l’effetto di questi nuovi farmaci nell’uomo”.
   
   

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