venerdì, 22 Novembre 2024
Edoardo Leo, dobbiamo liberarci dal maschilismo inconsapevole
Edoardo Leo, 52 anni, è il
protagonista della storia di copertina del nuovo numero di
Vanity Fair. In occasione dell’uscita del suo nono film da
regista, Non sono quello che sono, rilettura dell’Otello di
Shakespeare, riflette sul maschilismo inconsapevole e sui
comportamenti patriarcali che lui stesso non ha saputo tenere a
bada, sul rapporto con i figli e con il padre con il quale non
ha parlato per un sacco di tempo, sulla sua gavetta in salita e
sulle battaglie dei giovani. Quello di Edoardo Leo non è il solo momento nel magazine
dedicato all’argomento violenza di genere e giovani: all’interno
del numero anche un’inchiesta a partire dall’indagine di
Fondazione Libellula condotta su 1.592 adolescenti tra i 14 e i
19 anni, secondo cui uno su cinque fa confusione fra ciò che è
amore e ciò che è invece controllo e possesso. L’attore e
regista racconta a Vanity: “La fase di preparazione (del film
ndr) ha acceso una luce sul mio maschilismo inconsapevole, sui
comportamenti patriarcali che qualche volta non ho riconosciuto
o tenuto a bada”. Per esempio rivela “ho realizzato di non
essermi mai indignato guardando il pugilato, sport nobilissimo
dove a un certo punto però una ragazza in costume sui tacchi
sfila con il cartellone del round e gli spettatori la insultano
per divertimento. Quando è uscito il film Mia (sulle relazioni
tossiche tra i giovani, ndr), ho intimato a mia figlia di 14
anni: “Non permettere a nessuno di dirti come truccarti, come
vestirti, a che ora uscire. Nemmeno a me”, e mi sono pure
sentito figo. Non mi ha sfiorato invece il pensiero di chiedere
a mio figlio, oggi 18enne, se è mai stato ossessivo, morboso,
possessivo. L’altro giorno, davanti a una partita di calcio in
tv, mi sono rivolto a un giocatore con un’espressione infelice: “Ma fai il maschio!. “Siamo tutti parte del problema”, osserva
Edoardo Leo E quali soluzioni? “Fermarci: per riflettere su
quello che diciamo e facciamo, per metterci in discussione. E,
per quanto mi riguarda, spingere di più sul potere dell’arte”.
“Quando è stata uccisa Giulia Cecchettin ero in tournée a teatro
e tutti parlavano della sua storia. Ho deciso di cambiare metà
dello spettacolo: ho cominciato a leggere alcuni passaggi del
monologo di Franca Rame Lo stupro e le domande agghiaccianti che
nelle aule di tribunale vengono rivolte alle donne vittime di
violenza sessuale.
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