Mosche volanti negli occhi per 8 su 10, rischi da luce blu

Fino al 76% degli Italiani ha
saltuariamente ‘mosche volanti’ nel campo visivo ovvero immagini
di piccoli corpuscoli fluttuanti, con un rischio di circa 4
volte più alto in chi è miope. L’eccessivo uso dello smartphone
e in generale la luce blu dei dispositivi elettronici potrebbe
infatti favorire la degenerazione del corpo vitreo alla base del
problema, che spesso non ha conseguenze ma a volte è il primo
sintomo di un distacco di retina. “Le opacità del vitreo,
percepite in genere come ombre o filamenti fluttuanti, dipendono
da alterazioni nella struttura del corpo vitreo, la ‘gelatina’
che riempie l’interno dell’occhio e che è fondamentale per
mantenerne la trasparenza e la stabilità meccanica – spiega
Stanislao Rizzo, direttore del Dipartimento di Oculistica del
Policlinico A. Gemelli IRCCS e ordinario di Oculistica presso
l’Università Cattolica di Roma durante il congresso FLORetina
ICOOR 2024 – Con l’avanzare dell’età, o anche in presenza di
miopia elevata, il corpo vitreo subisce una progressiva
liquefazione e può distaccarsi dalla parte posteriore
dell’occhio, due fattori che contribuiscono alla formazione
delle ‘mosche volanti'”. Opacità spesso innocue, tuttavia “si
stima che nel 33% dei casi possano compromettere la visione e
per esempio diminuire fino al 67% la sensibilità al contrasto –
commenta Francesco Faraldi, Direttore della Divisione di
Oculistica dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano, Umberto I
di Torino -. Anche se l’acuità visiva non è compromessa, ciò
comporta un drastico peggioramento della qualità di vita: i
pazienti lamentano difficoltà visive e un impatto negativo su
attività quotidiane come la lettura o la guida. Inoltre, non
devono essere sottovalutate perché possono essere il primo segno
di un distacco della retina”. Grazie a nuove tecniche di imaging
che consentono di fotografare la retina in tutta la sua
superficie, questi corpi mobili vitreali si possono visualizzare
con maggiori dettagli con una diagnosi più precisa e tempestiva
e, nei casi più gravi, indirizzare verso strategie di
trattamento più efficaci e personalizzate come la vitrectomia
mini-invasiva. Per Daniela Bacherini, ricercatrice in Malattie
dell’Apparato Visivo presso il Dipartimento di Neurofarba
dell’Università degli Studi di Firenze: “Le tecnologie di
imaging dinamico del vitreo e di imaging a campo ultra-largo
(ultra-widefield) integrate con scansioni OCT consentono una
visualizzazione più dettagliata di una struttura finora
difficile da osservare, permettendo di analizzare con precisione
la densità, la posizione e il movimento delle opacità vitreali”,
conclude.
   

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