venerdì, 27 Dicembre 2024
Pechino: dopo quattordici anni stop all’austerity, è la risposta ai dazi annunciati da Trump
La Cina ha annunciato l’intenzione di adottare politiche “più attive” per stimolare la domanda interna nel 2025. Si tratta di un cambio di parametro decisivo dopo 14 anni di austerity. La decisione è stata resa nota attraverso un comunicato del Politburo del Partito Comunista
Queste misure puntano a contrastare il rallentamento dell’economia cinese, scossa da una crisi nel settore immobiliare, una flessione dei mercati azionari e il calo della fiducia dei consumatori.
Pechino, dunque, si prepara a una fase di interventismo economico senza precedenti, con politiche più attive e una spinta al deficit pubblico per sostenere consumi, investimenti e commercio estero. La pressione internazionale, alimentata dalla minaccia di nuovi dazi statunitensi, e la necessità di rilanciare il settore immobiliare hanno portato il Politburo a un netto cambio di strategia ponendo fine alla lunga fase di austerity che puntava sulla contenimento della domanda interna a tutto vantaggio delle esportazioni.
Inflazione debole
Il rallentamento dei consumi interni è stato uno dei principali ostacoli alla crescita economica del Paese. I dati più recenti mostrano che l’indice dei prezzi al consumo (CPI) è salito solo dello 0,2% a novembre su base annua, al di sotto delle aspettative (+0,5%). Su base mensile, i prezzi sono scesi dello 0,6%, segnalando una debolezza della domanda interna nonostante le misure di stimolo già introdotte.
L’indice dei prezzi alla produzione (PPI), che misura i costi di produzione per le aziende, ha registrato una contrazione del 2,5% su base annua, sebbene il calo sia stato meno pronunciato rispetto a ottobre (-2,9%). Questo è il 26° mese consecutivo di deflazione dei prezzi alla produzione, un chiaro segnale della difficoltà delle imprese a trasferire i costi sui consumatori.
Svolta nella politica monetaria
La riunione del Politburo ha portato a un cambio di strategia senza precedenti negli ultimi 14 anni. Il governo cinese ha dichiarato che la politica monetaria passerà da un orientamento “prudente” a uno “moderatamente espansivo”. Saranno attuate “politiche fiscali più attive” per sostenere l’economia, con l’obiettivo di rafforzare gli aggiustamenti anticiclici e stabilizzare i mercati finanziari.
L’annuncio ha avuto un impatto immediato sui mercati: l’indice Hang Seng di Hong Kong ha registrato un rally del +2%, mentre il CSI 300 delle borse di Shanghai e Shenzhen ha ridotto le perdite, passando da -0,6% a -0,1%.
Secondo gli analisti di Goldman Sachs, la Cina potrebbe portare il deficit fiscale all’1,8% del PIL nel 2025 e attuare ulteriori misure a favore del settore immobiliare, una delle principali fonti di instabilità finanziaria.
Settore immobiliare
Il settore immobiliare rimane una delle principali criticità. La flessione dei prezzi degli immobili ha inciso sulla ricchezza delle famiglie cinesi, riducendo il potere d’acquisto e la fiducia dei consumatori. Per invertire la rotta, Pechino ha già allentato le restrizioni all’acquisto di case e ha ridotto il debito degli enti locali, ma il governo potrebbe ora adottare misure più audaci per sostenere il settore.
Gli analisti di UBS Group AG e Barclays Plc ritengono che il rapporto deficit/PIL del 2025 potrebbe superare il 3%, un cambio di paradigma rispetto alla tradizionale prudenza fiscale della Cina. Tale mossa permetterebbe al governo di finanziare politiche espansive, in linea con gli obiettivi di crescita fissati intorno al 5% per il prossimo anno.
Le previsioni degli economisti
Le aspettative per la Conferenza Centrale dei Lavori Economici, prevista per la prossima settimana, sono alte. I massimi dirigenti cinesi dovranno definire i principali obiettivi economici e le strategie di intervento per il 2025. L’aumento del rapporto deficit/PIL, unito a una politica monetaria più espansiva, potrebbe rappresentare una svolta nelle politiche economiche cinesi.
“Le recenti misure di stimolo hanno migliorato il sentiment delle imprese e la fiducia delle famiglie, ma la capacità e la volontà dei cinesi di consumare rimane bassa”, ha dichiarato Zhiwei Zhang, capo economista di Pinpoint Asset Management. Anche Bruce Pang, economista di Jones Lang LaSalle, ha evidenziato che “gli sforzi finora compiuti non sono stati sufficienti per stimolare la domanda”, ma ha riconosciuto un miglioramento dell’indice dei prezzi al consumo di base.
Analisti sono ottimisti
Le borse cinesi si trovano in una fase di assestamento dopo il rally tra settembre e ottobre. L’indice CSI 300 è in bilico tra la soglia dei 3.700 e i 4.000 punti. Gli analisti ritengono che, in caso di discesa sotto i 3.700 punti, i progressi recenti verrebbero vanificati, mentre un superamento stabile dei 4.000 punti potrebbe favorire una risalita verso l’area di 4.450/4.500 punti.