Tre giorni al Green Pass sul lavoro ma il caos regna sovrano

Chiarezza nell’applicazione del green pass all’interno del mondo aziendale. Questa la richiesta che diverse associazioni di categoria hanno fatto nelle scorse settimane al governo Draghi. Il problema evidenziato è la mancata mappatura normativa di tutti i settori. Ci sono infatti ancora alcune zone grigie che potrebbero rendere difficile l’applicazione del green pass a partire dal 15 ottobre.

Tra chi ha alzato la voce c’è stato Assindustria Veneto centro che ha chiesto una riflessione sui tempi e le modalità di entrata in vigore del certificato verde, dato che non ci sono le condizioni materiali per riuscire ad adempiere all’obbligo. Sulla stessa linea di pensiero si è schierata anche l’Unione delle principali associazioni dell’autotrasporto italiano (Untras). In questo settore il problema principale ruota attorno alla possibile concorrenza sleale legata all’uso del green pass. E questo perché il vincolo del certificato verde non andrebbe a toccare gli operatori stranieri: «Ci preme sottolineare la necessità di garantire l’omogenea applicazione della norma su tutto il territorio nazionale a chiunque, assicurandone il rispetto agli operatori nazionali e a quelli stranieri», spiega l’associazione. Untras aveva anche chiesto al governo di intervenire sulla questione privacy (il poter chiedere prima il green pass ai propri lavoratori così da organizzare il trasporto in modo da non subire perdite di fatturato). Questa richiesta era stata fatta proprio per cercare di conciliare l’obbligo normativo e la struttura lavorativa nel settore. Il governo ha risposto positivamente decidendo che il datore di lavoro può decider di anticipare il controllo del certificato verde di massimo 48 ore.

Altra associazione che ha evidenziato le stesse problematiche di Untras è Trasportounito, secondo la quale dal 15 ottobre fino a fine anno ci saranno 80.000 camion in meno in circolazione. Secondo l’associazione c’è infatti una probabilità molto alta che il mondo del trasporto su gomma si paralizzi a causa delle difficoltà legate all’introduzione del foglio verde. Oltre alle criticità sopra evidenziate, l’associazione evidenzia anche il problema dei lavoratori stranieri che hanno fatto un vaccino non riconosciuto in Italia. In questo caso, questi essendo sprovvisti di green pass non potranno lavorare a meno che non si facciano un tampone ogni 48 ore.

E infine al coro si è anche unita Assoterminal, associazione che riunisce il 70% delle imprese terminalistiche italiane. In questo caso viene chiesto di normare maggiormente il settore, dato che al momento non esiste una distinzione tra aree all’aperto e al chiuso. Questo gap dal 15 ottobre in avanti potrà infatti creare dei problemi nell’applicazione corretta del green pass.

Inutile dire che, associazioni a parte, sono centinaia anzi, migliaia, le piccole e medie imprese che attendono con paura cosa succederà il fatidico 15 ottobre anche perché le norme in vigore (che non permettono licenziamenti e sostituzioni) sono penalizzanti per il datore di lavoro.

Ci sono quindi diverse realtà all’interno del mondo imprenditoriale che richiedono più tempo e una normativa più consona per il proprio settore, in modo da poter riuscire a garantire la salute sul posto di lavoro e al tempo stesso l’operatività aziendale. Queste richieste non sono però supportate da Confindustria.

Ieri infatti il Vice Presidente di Confindustria per il Lavoro e le Relazioni Industriali, Maurizio Stirpe ha spiegato come non si va in contro a nessun caos dal 15 ottobre, «l’intervento è stato attentamente pensato, studiato e voluto per far ripartire a pieno ritmo tutte le attività industriali. Basta quindi con le polemiche e gli interventi strumentali di questi giorni. Il Paese deve essere coeso e dobbiamo remare tutti insieme senza divisioni». Stirpe si è poi soffermato sulle dichiarazioni rilasciate da diverse associazioni definendo naturale l’avere una pluralità di opinioni «in un sistema articolato come quello di Confindustria, anche se sarebbe stato meglio sollevare obiezioni nello spogliatoio», aggiungendo come «l’applicazione nelle singole realtà produttive può evidenziare questioni particolari. Ma queste vanno affrontate caso per caso. Questa polemica è dannosa per il Paese che in questo momento, invece, deve stare unito per puntare alla ripresa, creare posti di lavoro e opportunità di sviluppo», conclude Stirpe.

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