Le «differenza strutturali» tra uomo e donna esistono solo nella testa del Prof. Barbero

Il Prof. Alessandro Barbero, storico e scrittore, torna a far parlare di sé.

Dopo essersi reso recentemente firmatario di un appello contro l’obbligo del Green Pass, in un’intervista a margine di una lezione accademica dal titolo “Donne nella storia: il coraggio di rompere le regole” questi si interroga sul motivo per cui le donne fatichino ad arrivare ai ruoli apicali, nella politica e nella società civile, pervenendo ad una conclusione da far rizzare (non solo metaforicamente) i capelli in testa: “vale la pena chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. E’ possibile che in media le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi?“.

Mi fermo qui. Anche perché esistono argomentazioni che si squalificano da sole senza dannarsi ad elaborare confutazioni di sorta.

Mi limiterò a ricordare al Prof. Barbero che l’unica differenza ‘strutturale’ fra uomo e donna sta nella capacità procreativa di quest’ultima e, tendenzialmente, nel fatto che le donne non hanno la prostata o, in genere, nella loro minore prestanza muscolare (ma non ditelo ad alcune sportive che potrebbero fare ‘poltiglia’ della maggioranza degli uomini).

A meno che l’accademico non voglia alludere al contenuto della scatola cranica ed allora bisognerebbe spiegare al Prof. Barbero che per decenni le neuroscienze hanno cercato di capire se il cervello avesse un genere ma, come certificato da un recente studio pubblicato dalla rivista Neuroscience and Biobehavioral Reviews, condotto dalla neuroscienziata Lise Eliot, della Rosalind Franklin University, è dimostrato che le differenze tra il cervello maschile e quello femminile sono inesistenti.

Parlare quindi di differenze ‘strutturali’ appare davvero meschino e misogino, al pari delle teorie sulla razza del secolo scorso o dei pregiudizi talebani che relegano le donne su un piano appena superiore alle bestie da soma.

Potrei tributare al professore il beneficio dello scivolone lessicale, ci sta, del misunderstanding giornalistico, capita, ma quando lo stesso parla di carenze organiche di aggressività, spavalderia e sicurezza mi sorge il dubbio che la sua teoria sia proprio costruita sulle generalizzazioni più abiette di cui le donne sono state fatte oggetto nella storia.

Vorrei ricordare al Prof. Barbero che nessuno disconosce una sperequazione di genere nelle stanze dei bottoni delle società e nei gabinetti politici (dove c’è un rapporto davvero impari fra i sessi), ma questo non è il frutto di una ‘differenza strutturale’, semmai della sommatoria di secoli di discriminazioni sicché ribaltare sulle donne la responsabilità delle differenze che a tutt’oggi permangono è profondamente sbagliato.

Non si dimentichi, infatti, che le donne hanno avuto il diritto di voto, nella maggior parte dei paesi occidentali, solo nella prima metà del XX secolo e che ancora molti stati al mondo lo vietano.

Dalla comparsa del genere umano nella sfera orbi-terracquea oggi siamo solo agli albori di una rivoluzione che conduca alla consapevolezza della totale parità di genere: pretendere che nell’Anno Domini 2021 le donne contino quanto i loro dirimpettai maschi sarebbe come lamentare che un giocatore entrato in campo a un minuto dalla fine non abbia inciso quanto i suoi compagni presenti fin dall’inizio della partita.

Le donne hanno accusato, nella corsa al potere, un handicap che ne ha fatalmente rallentato il raggiungimento dei risultati che meriterebbero.

Per lottare ad armi pari occorrerebbe una società equa e predisposta ad assicurare pari opportunità a tutti, utopia mai realizzatasi e ancora lungi dal compiersi.

Vero che la storia è stata anche costellata da eroine femminili, in ogni campo, ma trattasi davvero di eroine, sante, campionesse di coraggio e martiri del loro lavoro: questo deve farci interrogare ancora di più sull’ingiustizia di un mondo in cui, per raggiungere il successo, una donna deve oltrepassare l’eccellenza, mentre un uomo può tranquillamente navigare a vista nella grigia mediocrità.

Si rassereni il Prof. Barbero che, piano piano, la società cambierà.

Già oggi in molti paesi esiste una sostanziale parità nella distribuzione dei seggi nei parlamenti e negli scranni di governo. La Tatcher e la Merkel, mai così rimpiante, hanno dimostrato che una donna sa comandare tanto quanto un uomo e non è la gonna a fare da scriminante, ma la capacità.

Eleanor Roosvelt disse che la donna è come una bustina di tè, non si può dire quanto è forte fino a che non la si mette nell’acqua bollente.

E’ una metafora, Prof. Barbero, ma rende l’idea sul fatto che fin tanto che le donne non verranno messe nella condizione di dimostrare il loro valore, tale e quale a quello degli uomini, permarranno i pregiudizi culturali e i teorici delle ‘differenze strutturali’.

Info: danielamissaglia.com

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