Parte male il Consiglio Europeo: salta l’accordo sul Gas e resta il «caso Polonia»

E’ un Consiglio europeo particolarmente agitato quello apertosi oggi. Un Consiglio il cui approssimarsi è stato dominato dalle tensioni tra Bruxelles e Varsavia, dopo che – due settimane fa – la Corte costituzionale polacca ha stabilito che alcuni regolamenti europei non siano compatibili con la carta fondamentale polacca. Ma a tenere banco nella prima giornata di lavori è stata la questione energetica. Il caro prezzi spaventa l’Europa e così, giorni fa era stata avanzata una proposta di una Centrale unica di acquisto, come ad esempio già avvenuto per il Vaccino. Una scelta questa con lo scopo di difendere e mettere al riparo il prezzo del gas rispetto alle pericolose oscillazioni del mercato.

La proposta però è stata respinta, soprattutto dopo il «nein» della Germania, di Angela Merkel al suo ultimo vertice Ue nelle vesti di Cancelliera. Spagna, Grecia ed Italia stanno così lavorando su una soluzione alternativa, la creazione di un «cartello» formato da 5-6 nazioni. Ma nulla è stato deciso.

Tornando alle questioni politiche “credo che la Polonia sia andata troppo oltre”, ha detto il primo ministro irlandese Micheál Martin prima del Consiglio. “La decisione giudiziaria polacca è di vasta portata e non si riscontra in alcuna precedente decisione dei tribunali nazionali, né per ampiezza né per contenuto”. Martin ha inoltre parlato di uno “schiaffo in faccia” agli Stati che sono contributori netti del budget europeo. “Se accettiamo che, in effetti, l’Europa è un’interpretazione nazionale dei miei desideri personali, non è questo l’obiettivo. Abbiamo accettato di essere Stati membri e abbiamo regole, quindi dobbiamo rispettarle”, ha affermato dal canto suo il primo ministro lussemburghese”, Xavier Bettel. “Se vuoi avere i vantaggi di essere in un club… allora devi rispettare le regole”, ha detto invece il primo ministro belga Alexander de Croo. “Non puoi essere membro di un club e dire ‘Le regole non si applicano a me'”. Una posizione dura è stata anche quella espressa dal primo ministro olandese, Mark Rutte.

“Alcune istituzioni europee si assumono il diritto di decidere su questioni che non sono state loro assegnate”, ha dichiarato dal canto suo il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki. “Non agiremo sotto la pressione del ricatto … ma parleremo ovviamente di come risolvere le attuali controversie nel dialogo”, ha aggiunto. Parole, queste, che sono una dura reazione all’ipotesi che l’Unione europea possa comminare a Varsavia delle sanzioni in conseguenza della sentenza della sua corte costituzionale. Morawiecki, che ha comunque escluso un’uscita della Polonia dall’Unione europea, ha intanto incassato l’appoggio del premier ungherese, Viktor Orban. “La Polonia è uno dei migliori Paesi europei. Non c’è bisogno di sanzioni, è ridicolo”, ha dichiarato. Tutto questo, mentre la Slovenia sta cercando di ritagliarsi il ruolo di mediatrice nella crisi, auspicando un “dialogo costruttivo” tra Varsavia e Bruxelles.

In questo clima già abbastanza tumultuoso, non è escluso che la situazione possa peggiorare nel corso del Consiglio. Tra i vari temi in agenda – pandemia, aumento dei costi energetici, pressioni migratorie dalla Bielorussia, questione ambientale – figura infatti anche quello dello Stato di diritto: un dossier che già in passato ha determinato significativi attriti tra Bruxelles e l’asse polacco-ungherese. La centralità del tema è stata sottolineata anche dal cancelliere tedesco uscente, Angela Merkel, arrivata al suo ultimo Consiglio europeo: “Lo stato di diritto è un aspetto fondamentale dell’Unione europea”, ha detto. “Allo stesso tempo”, ha tuttavia aggiunto, “dobbiamo trovare il modo di tornare insieme, perché una cascata di casi alla Corte europea non è una soluzione”. Insomma, per il momento la situazione resta tesa.

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