sabato, 19 Aprile 2025
Al Gemelli miniprotesi per la mano ispirate a quelle d’anca

Per l’artrosi del pollice arrivano le
miniprotesi, di ultima generazione, ispirate a quelle dell’anca.
Dolore e gonfiore alla base del pollice, impossibilità di
compiere movimenti banali, come usare una spillatrice o un paio
di forbici sono i campanelli d’allarme della rizoatrosi (artrosi
della base del pollice, cioè dell’articolazione
trapezio-metacarpale), la forma di artrosi più diffusa al mondo.
Se nelle prime fasi la terapia è affidata ai tutori e alla
terapia anti-infiammatoria, negli stadi più avanzati la
soluzione diventa chirurgica. E l’introduzione di speciali
mini-protesi progettate per l’articolazione trapezio-metacarpale
del pollice ha segnato una svolta nel trattamento di questa
condizione. Al Policlinico Gemelli vengono effettuati più di un
centinaio di interventi per rizoartrosi l’anno.
La rizoartrosi (artrosi della base del pollice) è una malattia
degenerativa infiammatoria dell’articolazione tra il trapezio e
il primo metacarpo del pollice. È la più frequente forma di
artrosi nel mondo e la sua frequenza aumenta con l’età; si stima
che a soffrirne sia una donna su 4 e un uomo su 12 sopra i 70
anni, ma può colpire anche i giovani. Può esserci una
predisposizione genetica e il fatto che sia più frequente tra le
donne in età post-menopausale fa pensare anche ad un ruolo degli
ormoni.
Lorenzo Rocchi, associato di Malattie dell’apparato locomotore
all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC
di Ortopedia e Chirurgia della mano di Fondazione Policlinico
Gemelli IRCCS, spiega che nei primi stadi può essere trattata in
maniera conservativa con tutori termoplastici che stabilizzano
questa articolazione, spesso instabile in questi pazienti.
Questi tutori possono essere già pronti (commerciali) o fatti su
misura (custom made). Quelli di ultima generazione non bloccano
tutto il pollice, ma stabilizzano solo la base del metacarpo.
La novità in questo campo è rappresentata dall’utilizzo di
speciali protesi, studiate ad hoc per questa articolazione. Le
prime protesi per la rizoartrosi, utilizzate soprattutto in
Francia fin dagli anni ’90, avevano problemi biomeccanici, si
lussavano facilmente e determinavano riassorbimento osseo,
avendo quindi vita breve. “Dai primi anni 2000 invece – spiega
il professor Rocchi – sono stati introdotti i primi impianti
prototipo per l’articolazione trapezio-metacarpale, ispirati
alle protesi d’anca. Quelle di ultima generazione sono ‘modulari’, dotate cioè di vari componenti (stelo, collo, testa,
coppa). Dopo l’intervento, la mano viene protetta con un
bendaggio morbido (da mantenere per due settimane), che consente
di muovere l’articolazione del pollice, già a ridosso
dall’intervento. Al controllo ambulatoriale, si istruiscono i
pazienti a fare esercizi riabilitativi; è possibile inoltre
essere seguiti presso il servizio di fisioterapia della mano,
recentemente riaperto al Policlinico Gemelli, per velocizzare la
ripresa della funzionalità articolare”.
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