lunedì, 25 Novembre 2024
Il Ddl Zan voleva normare le percezioni e non la realtà
E infine perì.
Il disegno di legge contro l’ “omobitransfobia” (uno sciogli-lingua che sfido i più a declinare per tre volte di fila), è stato affossato dal Senato a scrutinio segreto, colpito da ogni fronte dell’emiciclo, anche dagli scranni di quella parte politica che voleva diventasse la sua bandiera propagandistica. Il testo, tecnicamente parlando, dovrà ripartire da capo nelle commissioni ma, di fatto, verrà accantonato perché queste dinamiche, nel Parlamento italiano, equivalgono ad un definitivo ‘de profundis’.
Chiaramente c’è chi non ci sta, vedasi nutrito sit-in a Milano, ed è perfettamente legittimo che si esprima il dissenso, soprattutto se questo avviene in modo così civile nel contesto di una democrazia matura come la nostra che fa proprie le parole di Voltaire: non sono d’accordo con quello che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire.
C’è anche chi esulta in modo sbracato e chi abbozza soddisfazione a denti stretti ma è inutile creare due fronti l’uno contro l’altro armato, come due bellicose curve da stadio. Basterebbe semplicemente ammettere che quel testo aveva tante e tali criticità da non poter essere approvato, con ciò sprecando un’occasione per normare un tema certamente meritevole.
Ma non così.
Basterebbe – ancora – liberarsi dagli stendardi di partito e dai vincoli ideologici come ha fatto il Senatore DEM Tommaso Cerno, già direttore de L’Espresso tra il 2016 ed il 2017 , l’unico – per ora – dichiaratamente omosessuale a Palazzo Madama. Al momento della votazione questi non ha partecipato, avendo più volte in precedenza enunciato la propria contrarietà ad un DDL definito da lui zeppo di difetti, propedeutico ad “istituire un grottesco e sbagliato reato di opinione“.
Il Senatore Cerno – che sicuramente non può essere tacciato di omofobia – ha denunciato i tentativi di imbavagliarlo e comprimerne le scomode opinioni, come se il DDL Zan fosse intoccabile, Zan fosse Mosè e il suo testo rappresentasse “le tavole della legge dettate dal dio dei gay (parole sue).
Insomma, per dirla alla Totò e per dirci la verità: ‘a schifezz’, da rifare daccapo, magari attribuendo il prossimo Disegno di Legge proprio al Senatore Cerno, soggetto che ha dimostrato equilibrio e ragionevolezza, soprattutto nel saper discernere il limite oltrepassato il quale la tutela si trasforma in persecuzione.
Per esempio non si può punire con la reclusione (fino a un anno e sei mesi) e con la multa (fino a 6mila euro) chi “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi […] fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità“, senza chiarire in che cosa debbano consistere (o non consistere) queste condotte antigiuridiche.
Perché ciò che è discriminatorio per talune delle associazioni del mondo LGBT, non lo è per moltissimi altri, la maggioranza in un Paese di retaggio cattolico/cristiano.
Si arriverebbe al paradosso che chi sia eticamente contrario al matrimonio gay – non alle unioni civili che sono già legge – o all’adozione di figli in coppie omosessuali scadrebbe in un reato di opinione sanzionabile in modo più duro di tanti altri crimini che soggiacciono al più diffuso discredito sociale.
Senza contare il nodo criticatissimo dell’identità di genere come condizione ‘percepita’, di fatto rendendo impossibile la certezza della legge e la sua applicazione.
Sarà anche bendata la dea della giustizia ma non ha poteri paranormali e i Giudici sono chiamati a decidere su fattispecie chiare, non soggette alle percezioni delle presunte vittime.
Si tiri una riga, si strappi la pagina e si ricominci a pensare ad una legge tutta nuova, condivisa, semplice, scevra da condizionamenti ideologici dell’una e dell’altra parte, focalizzando l’attenzione su ciò che davvero costituisca una discriminazione punibile, fermo restando che laddove il nostro ordinamento già preveda meccanismi sanzionatori adeguati, allora non si vada oltre.
Esistono dei limiti che, per eccesso di zelo, il DDL Zan aveva superato ed allora mi rifaccio a Russeau che teorizzava l’assenza di barriere nel pensiero a fronte di una realtà fatta di obiettivi confini.
La legge non può normare se non la realtà: lasciamo le percezioni al mondo dell’immaginifico, usiamo la risorsa delle leggi per ciò cui debbono servire, senza trascendere.