lunedì, 25 Novembre 2024
Morra, il grillino, rivuole i soldi dati al partito, come un uomo da Prima Repubblica
Ogni uomo ha un prezzo. Persino il duro e puro Nicola Morra, il filosofo barricadero del Movimento, presidente della Commissione Antimafia e oggi grillino pentito. Il sacerdote della moralità ha presentato il conto agli uffici del Senato: rivuole indietro il malloppo. Parliamo di quella famosa “indennità di funzione” cui aveva rinunciato quando ancora militava tra i cinque stelle, al tempo in cui c’era da rispettare il protocollo anticasta e fare finta di essere poveri. Dopo la mancata fiducia al governo Draghi, Morra ha divorziato dai grillini, e come una moglie tradita adesso invoca l’assegno: il ripristino dell’indennità non percepita da quando siede a capo dell’Antimafia, con tanto di soldi arretrati. Non male, per l’intellettuale della rivoluzione grillina.
Ma di quanto parliamo? 1300 euro netti in più al mese per il resto della legislatura, più un ricco conguaglio per i mancati incassi del passato, pari alla cifra monstre di 50 mila euro, da versare maledetti e subito sul conto in banca del Lenin pentastellato. Un bell’affare, per chi solo qualche mese fa si bullava sui social per la “diversità morale” dei cinque stelle, fulgido esempio malamente scimmiottato dagli altri partiti avidi di potere e di poltrone.
Lui su Facebook si è difeso sostenendo che quei soldi gli servono per stipendiare un addetto stampa (anche fosse, ma perché gli arretrati?). Dice Morra: “Ora che non ho più un gruppo politico a ‘prestarmi’ figure professionali e dovendo necessariamente assumere un addetto stampa che possa comunicare all’esterno il lavoro della Commissione Antimafia e le attività del presidente, ho chiesto di poter avere l’indennità che mi spetta, in modo da poterci pagare un lavoratore che comunicasse il lavoro fatto”. Registriamo con piacere che anche il leader degli ultrapopulisti scopre che la politica ha un costo. Meglio tardi che mai: benvenuto sulla terra. Quanto al “lavoro fatto” all’antimafia, forse sarebbe meglio sorvolare. Di Morra ricorderemo le farneticazioni scomposte, le urla e gli strepiti: il lavoro no. Ricorderemo il suo blitz con scorta al seguito all’ospedale di Cosenza, dove aggredì verbalmente il personale medico perché i suoi parenti non erano stati convocati per il vaccino. Un grande momento di nobile politica.
Ma negli annali della politica italiana di Morra resterà una frase soltanto, un’uscita tremebonda dopo la scomparsa del governatore della Calabria Jole Santelli (“L’hanno votata sapendo che era malata terminale”). In pratica, uno dei punti più bassi e meschini del dibattito politico degli ultimi tempi. Le sparate di Morra hanno paralizzato la commissione Antimafia, il cui presidente è contestato dalla quasi totalità dell’arco costituzionale. Ogni giorno qualcuno si sveglia e chiede le dimissioni di Morra: e lui resiste, attaccato allo sgabello e da oggi anche al portafogli. L’ultima sortita, solo qualche giorno fa: “La criminalità organizzata va ricercata anche nelle prefetture e nel Ministero dell’ambiente”. Una dichiarazione che ha fatto sobbalzare il mondo politico, soprattutto perché partorita dalla fantasia del dichiarante, senza alcuna prova su cui ragionare. Sic transit gloria Morra: quello che doveva scassare il sistema, e che oggi si limita a passare alla cassa.