lunedì, 25 Novembre 2024
La Cina gioca alla guerra con le sagome delle navi Usa
Si fanno sempre più complessi e meno rassicuranti i rapporti tra Usa, Cina ed Europa. Durante lo scorso fine settimana la società americana Maxar Technologies, che si occupa di immagini satellitari, ha scovato nel deserto del Taklamakan, nel territorio cinese della provincia del Xinjiang, forme a grandezza naturale di navi utilizzate per studio e come bersaglio nell’addestramento militare.
Queste rispecchiano in tutto navi americane attualmente schierate nell’oceano Pacifico, almeno secondo lo United states naval institute (Usni), che ha immediatamente analizzato le fotografie. In particolare uno di questi modelli era montato su binari per poter essere mosso alla medesima velocità del vascello reale, mentre altre forme sembravano invece bidimensionali, ovvero disegnate e prive di dettagli.
La Difesa Usa ha confermato di essere a conoscenza della costruzione di questi modelli dal marzo 2019, e di aver compreso che nel dicembre dello stesso anno il sito era stato in parte smantellato per poi essere ricostruito a partire dal settembre scorso fino a essere completato nel mese scorso. Da quanto si apprende l’area sarebbe stata utilizzata per la sperimentazione dei sistemi di puntamento e navigazione di missili balistici, ovviamente utilizzati senza testata di guerra. Tra questi missili secondo il Pentagono ci sarebbe il modello DF-21D che avrebbe una gittata di oltre 1.500 chilometri, ovvero in grado di attaccare con precisione navi in navigazione nel Pacifico occidentale partendo dalle basi territoriali cinesi. Questo il parere dell’ammiraglio americano Philip S. Davidson, a capo delle operazioni di analisi delle minacce. Il pensiero va quindi alle paventate operazioni di difesa che gli Usa avrebbero ipotizzato di condurre in soccorso dell’isola di Taiwan qualora risultasse imminente un attacco cinese che probabilmente verrebbe condotto dalla base aerea di Shantou-Waisha, a circa 400km dalla città di Tainan.
Sulla vicenda dei simulacri delle navi il Parlamento europeo non ha preso una posizione ufficiale, mentre ha espresso all’unanimità la sua preoccupazione per situazione di Taiwan. Potrebbe sembrare un segnale di unità dell’Unione, invece le politica europea in fatto di esportazioni di materiale “dual use”, ovvero utilizzabile in campo civile e militare, resta inesistente e ogni nazione agisce come crede. A questo proposito è bene ricordare che l’Italia durante il primo mandato di Giuseppe Conte aggiornò l’accordo sulla cosiddetta “Via della Seta” facendo arrabbiare gli Usa, proprio mentre Macron e Merkel portavano a termine affari per 50 miliardi di euro senza dirlo ufficialmente a chicchessia. Ebbene, tre giorni dopo le preoccupazioni riguardanti i movimenti militari cinesi nel deserto, il quotidiano Die Welt ha riportato quanto fatto da due aziende teutoniche, Man e Mtu, che avrebbero fornito motori e componenti per la propulsione consentendo a Pechino di completare il ciacciatorpediniere Luyang III. Una vendita che sulla carta è regolare, come ha dichiarato la Mtu, specificando anche di non aver mai firmato contratti con la Difesa cinese. Tuttavia l’accordo è imbarazzante sul piano politico, poiché Washington chiede da anni alle nazioni europee maggiore prudenza nelle transazioni commerciali ed è preoccupata per un eventuale rafforzamento dei rapporti tra Berlino e Pechino.
E mentre Angela Merkel si è sempre detta favorevole agli scambi industrial-commerciali con la Repubblica Popolare, limitandosi a rassicurare gli Usa accettando di mandare la Marina tedesca a pattugliare le acque indo-pacifiche (ma in veste Nato), ora sarà necessario comprendere quale potrà essere la linea del suo successore socialista Olaf Scholz, che sarà ovviamente pressato da Biden proprio su questo argomento, a cominciare dalla richiesta di aggiornare la norma sulle esportazioni di armi che viene giudicata poco efficace. La questione però non è soltanto strategica: se i tedeschi dovessero decidere di fermare l’esportazione di determinati beni, immediatamente i cinesi attuerebbero delle contromisure guastando il livello dell’attuale bilancio commerciale tra le due nazioni. Il problema, inutile negarlo, è di tutta la Ue e riguarda la mancanza di una normativa comunitaria sull’esportazione di beni dual-use verso talune nazioni.
Non a caso martedì 9 novembre Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega al Parlamento Europeo, ha dichiarato ad Agent-Press: “I cacciatorpedinieri classe Luyang-III utilizzati da Pechino nelle esercitazioni militari, nell’ambito della propria politica intimidatoria ed espansionista nel Pacifico, sono Made in Germany e forniti dall’azienda Mtu. Se confermato sarebbe gravissimo, un espediente per aggirare le sanzioni e le limitazioni alla vendita di armi alla Cina. Da tempo gli Usa ci avvertono dei pericoli legati all’espansionismo cinese, ma evidentemente per Berlino conta di più perseguire i propri interessi sfruttando i vuoti normativi del regolamento sull’uso duale per armare la flotta cinese. Bruxelles non ha nulla da dire in merito? Ecco perché Stati Uniti e Regno Unito si fidano poco di una Ue a trazione tedesca: tra i regimi e la democrazia scelga da che parte stare senza ambiguità”.