La vera posto in gioco nel processo sui bambini di Bibbiano

Con la pesante condanna dello psicologo Claudio Foti nel rito abbreviato, e con il rinvio a giudizio di 17 dei suoi 22 coimputati nel procedimento ordinario, ieri l’inchiesta «Angeli e demoni» ha superato la sua prima verifica. Avviata nel 2018 dal pubblico ministero di Reggio Emilia Valentina Salvi, ed esplosa sui mass media il 27 giugno 2019 con gli arresti domiciliari di Foti e del sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, ora la prima indagine italiana sul sistema degli affidi minorili diventa un processo vero e proprio, che comincerà con la sua prima udienza il 23 giugno. Fin qui, va detto che le tante intercettazioni e gli accertamenti disposti dai carabinieri reggiani hanno avuto il pregio di portare alla luce molte delle fragilità di quel sistema e hanno dato concretezza ai gravi difetti che da anni venivano denunciati da isolati specialisti del tema.

Che esistesse un problema di «affidi facili» e che troppi servizi sociali comunali usassero la mano pesante negli allontanamenti di bambini e ragazzini dalle famiglie legittime, del resto, non è stata l’inchiesta a denunciarlo. La stessa Corte di cassazione, a metà settembre, ha dovuto ribadire che il collocamento fuori dalla famiglia serve «solo ove ciò concorra a ripristinare una condivisa bi-genitorialità, a tutela dell’interesse del minore».

Inoltre, va detto con forza, il sistema è vergognosamente opaco: nessuno, oggi, sa quanti siano i bambini affidati ai servizi sociali, né quanti siano quelli allontanati dalle famiglie per presunti abusi o maltrattamenti, né quante siano le case-famiglia attive in questo mercato. E dal momento che i bambini reclusi nelle case-famiglia costano parecchio (la spesa individuale va dai 50 ai 400 euro al giorno), da anni sul fenomeno grava il sospetto dell’esistenza di un osceno business miliardario.

È su questo magma inesplorato che ha sparato il suo primo fascio di luce l’inchiesta «Angeli e demoni»: applicandosi al piccolo Comune di Bibbiano, l’indagine ha individuato tracce di illeciti, che ora vanno a processo. Foti, che con il suo Centro Hansel e Gretel è uno dei capi riconosciuti di una «scuola» interventista e tendenzialmente favorevole all’allontanamento dei minori, in quanto certa che l’abuso sessuale sui bambini sia un fenomeno sommerso e molto più diffuso di quanto si pensa, ieri ha subito una prima condanna.

La sentenza è stata pesante: i quattro anni di reclusione che lo psicologo di Pinerolo ha subìto nel procedimento con rito abbreviato equivalgono a sei anni (il rito abbreviato garantisce uno sconto pari a un terzo della pena), e gli è stata inflitta anche la sospensione dalla professione per due anni. La condanna riguarda soprattutto le lesioni gravi che Foti avrebbe provocato con le sue sedute di psicoterapia a un’adolescente, V.S., che da quelle sedute sarebbe stata indotta a far emergere falsi ricordi e spinta indebitamente a rifiutare la figura paterna. Il percorso avrebbe causato sofferenze psicologiche nella ragazza, tanto gravi da indurla alla tossicodipendenza. Fin qui, Foti si è difeso con forza; ieri, uscendo dal tribunale, ha citato di striscio il processo a Galileo Galilei, mentre i suoi difensori hanno parlato di un «nuovo caso Enzo Tortora». Si vedrà in appello se prove e accuse reggeranno: non soltanto contro di lui, ma anche contro sua moglie Nadia Bolognini, un’altra psicologa del Centro Hansel e Gretel che ieri è stata rinviata a giudizio, e contro gli altri 16 imputati tra i quali il sindaco Carletti.Quel che si può dire, ben al di là di tutte le sentenze e dei risultati giudiziari fin qui ottenuti e di quelli che arriveranno, è che Bibbiano resta comunque la punta di un iceberg inesplorato. Perché è certo che quanto è avvenuto in quel piccolo Comune avviene ogni giorno in moltissime altre parti d’Italia.

La scuola Foti, del resto, ha permeato di sé servizi sociali a ogni latitudine e perfino la magistratura minorile: per sette lunghi anni Foti ha tenuto corsi di studio retribuiti per la Scuola superiore della magistratura. I suoi scritti sulla rivista MinoriGiustizia denunciano l’esistenza di schiere di «negazionisti e revisionisti», che cercano di sminuire le dimensioni del «fenomeno endemico» degli abusi sui minori, che lo psicologo paragona a un vero e proprio «genocidio». La sua scuola da decenni contrasta tutti i tentativi di chi vorrebbe istituire protocolli per l’ascolto corretto dei minori presunti maltrattati e abusati, in modo da evitare o ridurre il pericolo di terribili errori giudiziari. «I bambini non mentono mai» sostiene la scuola Foti. I suoi critici gli rinfacciano che se gli interrogatori sono suggestivi, o condotti sulla base di pregiudizi, i bambini possono essere anche indotti a creare falsi ricordi. È questo insanabile contrasto a fare da sfondo al processo di Bibbiano. Per ora, sembra che Foti e la sua scuola abbiano perso il primo punto. Ma nulla è ancora detto: la partita è tutta da giocare.

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