Viaggio tra i no-vax di Sicilia, tra disinformazione, minacce e restrizioni

Alle 10 del mattino di giovedì 11 novembre, l’hub vaccinale di Augusta, cittadina da circa 35.000 abitanti in provincia di Siracusa, è desolatamente vuoto. Per medici vaccinatori e volontari, a un’ora dall’inizio del turno, solo qualche “terza dose” di anziani e nulla più. Fuori dall’hub, situato alle spalle di una scuola media, in un quartiere popolare, un gruppetto di 5 o 6 persone protesta per il mancato rilascio dell’esenzione al vaccino, richiesta per patologie come allergia alla polvere, psoriasi, artrosi, per immaginarie malattie di nonni e genitori che -secondo i suddetti no vax- si sarebbero trasmesse alle generazioni successive e costituirebbero un ostacolo al vaccino.

Augusta rientra nel novero dei Comuni siciliani a cavallo tra le province di Siracusa, Ragusa e Catania che –praticamente unici in Italia- hanno già sperimentato le nuove “zone arancioni”: con molte restrizioni (come il coprifuoco e la possibilità di uscire dal Comune) riservate esclusivamente a no-vax e no-greenpass, in un’anticipazione di quello che potrebbe succedere, adesso, a molti territori italiani dove le incidenze corrono e le percentuali di vaccinati stentano a decollare; e dove la sola idea di estendere divieti a pioggia –senza distinzione tra immunizzati e non- fa già evocare scene da rivolta civile Nel piccolo Comune siciliano, a fine estate nemmeno il 65% dei cittadini aveva completato il ciclo vaccinale, e tra la lunga zona arancione e l’introduzione del green pass obbligatorio per lavorare, i numeri sono ora cresciuti di 10 punti percentuali arrivando faticosamente al 75%. Percentuali basse e ancora insufficienti, nonostante le istituzioni -sindaco in primis- non si siano mai risparmiate negli appelli e nelle iniziativa tese a favorire i vaccini: nei monitoraggi delle ultime settimane, le province di Catania e Siracusa sono tra le prime 10 per incidenza in Italia, appena dopo Trieste e Bolzano: e qui, dopo le tanti morti, anche tra cinquantenni, avvenute tra agosto e settembre, il numero dei positivi corre ancora e crescono anche ricoveri e terapie intensive: “Purtroppo, ad Augusta” spiega il dottor Fabio Fichera, che in città esercita la professione di medico di medicina generale da più di 30 anni con la reputazione di chi molto raramente sbaglia una diagnosi “si è verificato uno dei primissimi casi in Italia di decesso avvenuto dopo poche ore dalla somministrazione del vaccino AstraZeneca. Era il caso di Stefano Paternò, militare di 43 anni. Questo accadimento ha suscitato timore e sconcerto, e noi medici abbiamo dovuto faticare non poco per convincere al vaccino la popolazione, tra i quali molti suoi colleghi militari”.

Ma anche ora che AZ non viene più usato, la ritrosia al vaccino, in città, è forte: “Nonostante il fatto che Augusta sia un luogo assolutamente pro-vax, dove tutti fanno vaccinare i bambini, dove ogni anno c’è una massiccia adesione alla campagna antinfluenzale” continua Fichera “e dove vive tanta gente che grazie alla medicina e alla ricerca si è salvata dal cancro (la cittadina ricade nel “triangolo della morte” della zona del petrolchimico di Priolo Gargallo, ndr) e ha potuto tornare a una vita normale, permane un forte atteggiamento antiscientifico di rifiuto del vaccino, che è davvero ingiustificabile e pericoloso”.

Per capire meglio il fenomeno, abbiamo fatto la prova di metterci in fila con i pazienti fuori da uno studio medico della cittadina, in una mattina di ricevimento: circa una ventina di persone sparpagliate sul marciapiede, molte con radiografie e referti in mano: “Ho fatto tanti esami al cuore” spiega Sebastiano P., 53 anni, un lavoro al petrolchimico, no vax e senza greenpass “e siccome mi hanno riscontrato un soffio, intendo chiedere l’esenzione al dottore. Non posso permettermi di spendere 45 euro a settimana di tamponi e non ho intenzione di mettere a rischio il cuore con un siero sperimentale, che poi secondo tanti di noi causa anche problemi in famiglia, perché rende impotenti e sterili“. Mentre alti pazienti provano a spiegargli l’importanza di effettuare il vaccino proprio perché affetto da una patologia (e altri lo invitano a non cedere a superstizioni e credenze popolari ingiustificate su immaginari effetti nefasti del vaccino), si avvicina Cettina G., che di lavoro fa la commessa e ha intenzione di chiedere l’esenzione per una “grave allergia al polline e forse anche all’ulivo”, e per ottenerla ha già cambiato due medici, scontrandosi con un -giusto e sacrosanto- muro di gomma: “Il primo mi ha detto che non poteva farmi l’esenzione ed è stato anche sgarbato” spiega agitando le cartelline con i documenti che proverebbero le allergie “e allora ne ho scelto un altro, e spero di averla. E comunque cambio finché non trovo qualcuno che me la faccia. I tamponi non li posso fare, sempre per le allergie, perché me le fanno peggiorare. Quindi sono a casa dal lavoro e chiusa in casa”.

Tra un delirio e l’altro però, in città si sono verificati lutti e tragedie: “Ad Augusta abbiamo avuto molti morti tra i no-vax, anche giovani, e intere famiglie hanno passato momenti drammatici” spiega la dottoressa Irene Noè, vaccinatrice e anch’ella medico di medicina generale: “Ci sono stati casi di no-vax che si sono messi in aspettativa dal lavoro pur di non fare tamponi, si sono ammalati e hanno contagiato i genitori anziani -anch’essi non immunizzati: e questi ultimi sono morti. Una scelta diversa li avrebbe salvati, queste persone sarebbero vive e i figli non dovrebbero vivere con questo tremendo rimorso. Purtroppo davanti a questi casi noi medici siamo quasi impotenti: cerchiamo di spiegare, convincere, informare ma a volte dobbiamo proprio arrenderci, anche perché più si va avanti più i no-vax diventano insofferenti”.

Spostandoci di una cinquantina di chilometri, alle pendici dell’Etna, in una delle località più rinomate per il turismo escursionistico e sciistico del versante sud del vulcano, si piomba in zona arancione: il paese di Nicolosi, in provincia di Catania, a causa del numero di positivi raddoppiato in 10 giorni e del target vaccinale non raggiunto, è da sabato 14 novembre in semi lockdown, con coprifuoco e divieto di uscire dal Comune per chi non possiede il greenpass: “Siamo davvero preoccupati” spiega M. farmacista, che parla solo dietro garanzia di non venire citato con nome e cognome “perché in paese c’è forte resistenza al vaccino. Inoltre, le persone spesso si lasciano andare a intemperanze per i prezzi dei tamponi, perché li effettuiamo coscientemente, mentre magari altrove il tampone quasi non viene introdotto nel naso, perché proviamo a convincere al vaccino, per avere esenzioni dai medici, o perché magari il link del green pass non arriva in tempi brevissimi. E’ una lotta continua, nella quale noi farmacisti siamo spesso impotenti”.

E ci sono intemperanze anche per le restrizioni della zona arancione limitate a chi non ha il green-pass: “Ci trattano come appestati, il coprifuoco è solo per noi, e anche il divieto di uscire dal Comune” impreca Salvo T., disoccupato, che il vaccino non lo fa “nemmeno morto ammazzato” e che è in fila fuori da uno studio medico per cercare di avere un’esenzione ” e ora vuoi vedere che ci tolgono pure il reddito (di cittadinanza, ndr) perché non abbiamo fatto il siero? Che poi è pericoloso anche per la fertilità”.

Il dottore S., giovane medico di base, anche lui teme i no vax: “Ricevo continue pressioni per le esenzioni” spiega tra una visita e l’altra “di gente che non intende immunizzarsi, non vuole pagarsi i tamponi e pretende la certificazione di malattie inesistenti. E’ anche inutile spiegare loro che le patologie che rendono esenti sono pochissime, non vogliono sentire ragioni. Ogni giorno va peggio del giorno prima, è dura”.

E mentre a Catania -unica città in Sicilia dove si svolgono manifestazioni di piazza no-green pass- il Commissario Covid della città metropolitana, il dottor Pino Liberti, si è inventato anche l’hub in Comune dove vaccina in prima persona, la situazione non è rosea nemmeno in provincia di Ragusa, perla del turismo estivo: “Negli scorsi mesi abbiamo attraversato settimane complicate” ammette il direttore generale dell’ASP ragusana, Angelo Aliquò “con tre paesi, Comiso, Vittoria e Acate in zona arancione, con molti positivi e una percentuale molto bassa di vaccinati. Con l’introduzione delle restrizioni, del coprifuoco e del divieto di uscire dal Comune solo per chi era privo di green pass, il numero di vaccini è cresciuto considerevolmente, ma nel frattempo le comunità avevano sofferto molti lutti”.

E per quanto riguarda i sanitari no-vax e le richieste di esenzioni al vaccino, Aliquo è molto chiaro: “Ho sospeso 28 dipendenti ASP e fronteggiato moltissime richieste di esenzioni basate sul nulla. Molti dipendenti hanno cercato in tutti i modi di “sfuggire” al vaccino. Ma noi fin dal primo momento abbiamo attuato una politica molto rigida nei riguardi dei novax”.

Tutto questo, in una regione dove le istituzioni, appunto, hanno fatto “le umane e divine cose” per favorire la campagna vaccinale, con hub sempre aperti anche senza prenotazioni, vaccini in Comune, nei mercati, nei camper, nei centri commerciali, quasi a domicilio, e dove i medici no-vax sono pochissimi: ” La percentuale di medici non vaccinati “spiega il presidente dell’Ordine etneo, Igo La Mantia “a Catania fortunatamente è minima. L’ultimo elenco di 6 medici non vaccinati pervenuto dall’Azienda Sanitaria di Catania al nostro Ordine, nei giorni scorsi si è ridotto a 4, in quanto due colleghi risultavano in effetti vaccinati in altre sedi. Abbiamo provveduto a sospenderli fino al 31 dicembre “.

Data in cui termina lo stato d’emergenza. Data alla quale si spera di arrivare senza ulteriori restrizioni. Ma se dovessero essercene, si spera che non coinvolgano i tanti siciliani che hanno fatto il proprio dovere.

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