«Dreamhouse», l’ultima visione di Virgil Abloh alla settimana della moda francese

Nella sfilata al Carreau du Temple, evento postumo alla sua straziante morte precoce, lo stilista Virgil Abloh regala alla Paris Fashion Week uno show spettacolare, con ballerini che si mescolano ai modelli, mobili che affiorano dal pavimento, e una orchestra di archi che ha eseguito la colonna sonora originale di Tyler, the Creator, arrangiata dal compositore brasiliano Arthur Verocai e diretta da Gustavo Dudamel, direttore musicale dell’Opéra di Parigi.

Il suo saluto poetico al mondo dell’abbigliamento maschile è stato costruito attorno al concetto estetico di «Dreamhouse», Casa dei Sogni, e degli Angeli, e a quei cartamodelli e appunti di moda lasciati in eredità al suo team di Louis Vuitton che ha chiuso una epoca, ricevendo una infinita standing ovation.

E come non è dato sapere il sesso degli angeli, così essi hanno rappresentato nello show, attraverso il corpo di ballerini di breakdance, il ponte fra la vita artistica e fruttifera dello stilista e la sua anima profonda che negli ultimi tempi ha avuto anche un brivido profetico.

«Non credo nel genere, credo nel design» ha affermato più volte il direttore artistico di Louis Vuitton, che dal 2018 fino alla prematura scomparsa avvenuta nel 2021, ha anche fondato come imprenditore il marchio Off-White, azienda d’abbigliamento di lusso italiana con sede a Milano, di cui ricopriva anche il ruolo di amministratore delegato.

Stellare e rapida la sua carriera così come la prematura e improvvisa dipartita, a poco più di 40 anni, dopo una dura battaglia contro il cancro, alla quale i suoi fan e lo stesso presidente e amministratore delegato di Lvmh, Bernard Arnault, fanno tutt’ora fatica ad accettare: «Siamo stati devastati e scossi. Virgil non è stato soltanto un genio del design e un visionario, ma anche una bellissima anima. Aveva un grande cuore e una grande saggezza».

Nato nel 1980 a Chicago, in una famiglia di origini ghanesi, dopo gli studi in Ingegneria civile e in Architettura, inizia il suo percorso con i grandi nomi del fashion system, da Fendi alle collaborazioni con Riccardo Tisci, Kim Jones, Takashi Murakami, Olivier Rousteing e George Condo, e brand come Nike, Jimmy Choo e Moncler, solo per citare alcuni.

La moda è sempre stata il suo serio pretesto per coinvolgere tutte le arti umane, in primo piano la musica – con la quale si è dilettato come dj – l’arte, il disegno industriale, le derivazioni espressive dello streetstyle, l’editoria, la tecnologia digitale, curioso e appassionato della intera attuale visione culturale contemporanea.

Sono oltre 10 milioni e mezzo i follower di Off-White su Instagram e la copertina del Time lo ha consacrato tra le 100 persone più influenti al mondo.

I protagonisti del settore e dello spettacolo si sono spesi in segni di stima che possono avere riscaldato un poco i cuori della moglie Shannon, dei figli Lowe e Grey, dei genitori e della famiglia, a constatazione dell’unicità del suo talento e della sua capacità di raccontare la sua visione.

Anche con parole profetiche, le tre che hanno sostato e brillato nel cielo di Miami alla Maritime Marina il giorno della sfilata precedente, a poco più di 48 ore dall’arrivo della terribile notizia: sopra la monumentale statua di Abloh, le luci componevano la frase «Virgil was here».

Preciso e solerte, lo stilista aveva già disegnato la sua collezione uomo autunno-inverno 2022-2023 per Louis Vuitton a Parigi, preparandone prototipi precisi e indicazioni persino riguardanti la produzione, gli inviti e la colonna sonora della sfilata.

Il tema della «Dreamhouse» racchiude molti dei messaggi delle precedenti otto collezioni disegnate da lui per Louis Vuitton, in un linguaggio narrativo che colpisce in modo anticonvenzionale e puro, talora immaginario, figurato e surreale, come piace allo sguardo meravigliato di un bambino.

Il lusso sportivo diventa soprannaturale, popolato di atleti spirituali o angelici, una sorta di dipinto animato del suo paradiso immaginario.

Lo ripete anche Michael Burke, presidente e CEO di Louis Vuitton: «Virgili è un genio creativo, visionario e disgregatore, e uno dei migliori comunicatori culturali e cool dei tempi attuali, re dello streetwear di lusso, evoluto poi anche in creazioni couture».

Impegnato nell’affermazione della black culture, è il primo stilista afroamericano a diventare direttore creativo di una delle più importanti e storiche Maison della Moda mondiale, etichetta di partenza e di punta del Gruppo LVMH.

Ha potuto dichiarare e praticare la sua visione: «La mia sfida non è fare una collezione di moda ma una sperimentazione antropologica, specialmente ora che il mondo scorre così veloce come le storie su Instagram e quindi alla ricerca di nuove regole. Eppure, la cosa più preziosa che abbiamo, resta sempre il tempo».

Nell’architettura di vetro della onirica Louis DreamHouse, la Casa dei Sogni, del Carreau du Temple di Parigi, hanno sfilato figure eteree con indosso abiti appariscenti e oversize, pezzi di sportswear ricoperti di diamanti e altri capi dalle stampe all-over di matrice urbana.

Questa ‘Collezione 8’ è un’octologia de Il viaggio dell’eroe stilistico che egli ha celebrato in svariati modi e stagioni, e delle qualità promulgate di diversità, inclusività e unità, aprendo le porte ai futuri talenti a venire.

In una modalità artistica ricca di sfumature teatrali, poetiche e divertenti, che hanno consegnato il messaggio che i vestiti possono essere usati come strumenti per il cambiamento sociale e per creare una nuova community che va ben oltre il regno della moda.

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