venerdì, 29 Novembre 2024
Il Governo riapre l’Italia tranne gli stadi
Indifferente alle grida d’aiuto o anche solo alla richiesta di non fare figli e figliastri, nel giorno dell’avvio della marcia di ritorno alla normalità il Governo ha deciso di non decidere. Niente via libera all’aumento della capienza oltre il 50% negli stadi e il 35% nei palazzetti e nelle arene al chiuso. Le cronache del primo Consiglio dei ministri del post Mattarella raccontano di tensioni eccessive sul fronte scuola e, quindi, di un esecutivo troppo impegnato a ridurre i danni da divisioni interne per occuparsi anche dello sport.
Sempre le stesse veline spiegano che il tema rimane però sul tavolo come prioritario e che, proprio per questo, il sottosegretario Vezzali ne abbia parlato con il vice ministro alla Salute Costa così che si possa arrivare a una svolta a fine mese. Febbraio anno domini 2022, quando ci si spera avranno già riaperto da un po’ anche le discoteche, l’altra categoria per la quale il giorno giusto sembra non arrivare mai.
Il derby scudetto di San Siro si giocherà, dunque con poco meno di 38mila spettatori presenti e danno da 3 milioni di euro per l’Inter. Che può pure ritenersi sfortunata visto che il Milan ne ha persi il doppio nelle due settimane del tetto dei 5.000 utile solo ad evitare che il Governo facesse danni da solo con un provvedimento dall’alto poi difficile da cancellare in tempi ragionevoli, visti i ritmi romani.
Se serviva una conferma, eccola servita. Alla politica italiana lo sport interessa giusto il tempo del selfie con il campione olimpico o d’Europa di turno. La Serie A ha bisogno disperatamente di poter usare i propri stadi a massimo regime e le altre discipline (basket e volley ad esempio) sono al collasso. La risposta è che non solo i ristori non ci sono e non ci saranno, magari prendendo a pretesto che la Juventus ha comprato Vlahovic, ma non c’è nemmeno il tempo di occuparsi di scrivere un calendario che dia certezze ad aziende di un comparto in sofferenza profonda. Per inciso, ora tutti sono a Pechino per le due settimane olimpiche e quindi la vaga promessa del ritorno alla normalità “entro fine mese” rischia di essere un sogno più che una minaccia. Tanto pagano gli altri e per un volta non si tratta di Pantalone.