mercoledì, 27 Novembre 2024
Sulle armi chimiche il mondo ha tradito se stesso e le sue regole
Tra le armi più micidiali utilizzabili in una guerra ci sono le armi chimiche, che sfruttano la tossicità di alcune sostanze per uccidere, ferire gravemente, annientare la resistenza nemica.
Le Nazioni Unite classificano quelle chimiche come armi di distruzione di massa e una convenzione internazionale del 1993, l’ultima di una lunga serie, ne ha messo definitivamente al bando sia la produzione che lo stoccaggio.
Fin dall’antichità l’uomo utilizzava frecce avvelenate per la caccia o la guerra ma è con l’ingresso nel XX secolo, che questo fenomeno è definitivamente ‘esploso’, grazie – si fa per dire – ad uno scienziato tedesco con un nome e un cognome: Fritz Haber.
La storia è indecisa se ricordare questo geniale chimico più per i benefici indubbi delle sue scoperte innovative o per l’utilizzo ferale delle stesse, da lui ideato durante il primo conflitto mondiale.
Haber mise a punto un particolare processo di sintesi dell’ammoniaca, partendo dall’idrogeno e dall’azoto atmosferico, che divenne poi la base per i fertilizzanti agricoli, tanto da essere insignito del Premio Nobel.
Il problema è che Haber era anche un nazionalista, fervente sostenitore dell’ingresso in guerra della Germania e fu lui a insistere con lo Stato Maggiore Tedesco per trasformarle in spietati strumenti di morte.
Fu Haber a organizzare una delle più sanguinose stragi delle guerre moderne, quella del 22 aprile 1915 a Ypres, in Belgio, quando le truppe tedesche – mediante l’uso di 5.730 bombole – rilasciarono 168 tonnellate di cloro contro le truppe avversarie, uccidendo 5.000 soldati nemici in meno di 10 minuti.
L’orrore fu tale che, si narra, il giorno dopo la stessa moglie di Haber, non reggendo lo sgomento, si uccise sparandosi un colpo al cuore.
Per nulla scosso, Haber incentivò la propria creatività e creò un composto di tioetere del cloroetano noto tristemente con il nome di iprite, utilizzato dalle truppe tedesche nelle sanguinose fasi finali della guerra, peraltro diffusamente adottato anche dal nostro esercito, molti anni dopo, nella guerra in Etiopia.
Ora facciamo un salto temporale fino ai giorni nostri e scopriamo che bombe al fosforo sarebbero state utilizzate dai russi ad Irpin, in Ucraina: il fosforo bianco in pochi secondi provoca ustioni gravissime ed estremamente dolorose. Quando viene in contatto con la pelle, brucia i tessuti provocandone la necrosi fino alle ossa.
In attesa della smentita dei russi, è comunque frustrante come il mondo non riesca in alcun modo a rispettare le regole che esso stesso si è dato.
E’ dal 1874 che vengono promulgate dichiarazioni, sottoscritte convenzioni internazionali, stipulati trattati che mettono al bando le armi chimiche per uso bellico e nonostante tutto, in ogni fronte di guerra, spuntano fuori.
Da una pallottola o dalle schegge di una granata ci si può astrattamente anche difendere, se si frappone un ostacolo tra il proprio corpo e l’ogiva, ma dagli effetti neuro-tossici e vescicanti di un micidiale gas che aggira ogni barriera no e le sofferenze procurate sono indicibili.
Se di etica, persino nella guerra, si può parlare, almeno si rispetti questa minimale regola.
L’ONU, il Tribunale penale internazionale, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, quando sarà finito tutto, avranno abbondante materiale per lavorare sui crimini perpetrati in Ucraina ma è lecito chiedersi se questo serva quando ogni Paese – anche quelli nella lista dei ‘buoni’ – continua a finanziare ricerche su nuove armi chimiche o batteriologiche.
D’altra parte non sapremo mai se il Sars-Covid 19 si sia diffuso proprio a causa di questi esperimenti di laboratorio impostati per creare una nuova arma batteriologica.
L’uomo non cambia mai e anche il più insospettabile può trasformarsi in carnefice: non a caso proprio Fritz Haber ebbe a dichiarare “Durante il periodo di pace uno scienziato appartiene al mondo, ma in tempo di guerra appartiene al suo paese”.
Ecco perché Fëdor Michajlovič Dostoevskij scrisse “La gente spesso parla di crudeltà “bestiale” dell’uomo, ma questo è terribilmente ingiusto e offensivo per le bestie: un animale non potrebbe mai essere crudele quanto un uomo, crudele in maniera così artistica e creativa”.