Con Viola procuratore di Milano finisce l’era di Magistratura democratica

Fine di un’epoca. Con il pensionamento di Francesco Greco, avvenuto lo scorso novembre, e soprattutto da ieri con l’ingresso di Marcello Viola come nuovo procuratore di Milano, la sinistra giudiziaria esce dalla stanza al quarto piano del palazzo di giustizia che occupava ininterrottamente da 34 anni.

Magistratura democratica, la corrente fondata nel 1964 come struttura fiancheggiatrice del Pci, e poi fusa con un’altra corrente di sinistra per dare vita a quella che oggi si chiama MD-Area, aveva avuto in pugno la procura milanese almeno dal marzo 1988, quando in quell’ufficio s’era insediato Francesco Saverio Borrelli, l’uomo che sarebbe divenuto il nume tutelare del Pool di Mani pulite.

Dopo Borrelli, nel 1999, l’ufficio era passato a Gerardo D’Ambrosio, un altro esponente di Md. Al suo pensionamento, nel 2002, la poltrona era passata a Manlio Minale, mentre d’Ambrosio nel 2006 entrava in Parlamento per conto dei Democratici di sinistra. Nel 2010, come se si trattasse di un trono da tramandare per diritto dinastico, la procura di Milano era ancora una volta passata a un esponente della sinistra giudiziaria. E che esponente! Edmondo Bruti Liberati, il successore di Minale, era stato tra i fondatori e uno dei presidenti di MD, e poi era stato eletto membro del Consiglio superiore della magistratura e presidente dell’Associazione nazionale magistrati. Malgrado la densa stratificazione di potere di cui si ammantava Bruti, verso la fine la sua gestione della procura aveva mostrato le prime crepe: e infatti il suo nome viene ricordato dalle cronache soprattutto per il contrasto personale con Alfredo Robledo, uno dei suoi aggiunti (cioè un vice), e forse ancora di più per la frase altezzosa che Bruti aveva rivolto a Robledo in un corridoio del palazzo di giustizia, al culime di quel contrasto: «Ricordati», aveva detto il procuratore, «che sei stato nominato aggiunto per un solo voto di scarto, e che è stato un voto di Magistratura democratica . Avrei potuto dire a uno dei miei colleghi al Csm che Robledo mi rompeva i coglioni e di andare a fare la pipì al momento del voto, così sarebbe stata nominata un’altra al tuo posto».

Quando poi Bruti era andato in pensione, nel 2015, ancora una volta era toccato a un esponente di MD diventare procuratore di Milano: Francesco Greco. Ma da allora il mondo è davvero cambiato. È accaduto soprattutto negli ultimi due o tre anni, per via degli scandali giudiziari – di corrente e intimamente politici – che hanno colpito la magistratura e più volte hanno coinvolto anche la procura di Milano. Greco aveva lasciato un ufficio spaccato in due, dove le lotte intestine erano a volte degenerate in denunce penali, con magistrati iscritti al registro degli indagati, e indagini, e polemiche roventi. Negli ultimi mesi i problemi lasciati da Greco avevano rafforzato la tesi che fosse arrivato il momento di quello che oggi tutti i giornali definiscono il «Papa straniero», meglio ancora se non targato a sinistra. Fino all’ultimo, però, MD-Area aveva sperato nella continuità garantita da Maurizio Romanelli, magistrato tecnico e stimato, nonché uno degli attuali procuratori aggiunti, a capo del dipartimento che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione.

Al Csm è andata diversamente. Ieri il prescelto è stato Marcello Viola, 65 anni, rappresentante di Magistratura indipendente, la corrente moderata della categoria. Per Viola, che era procuratore generale a Firenze, ha prevalso un’alleanza trasversale tra il centrodestra del Csm e la sua componente «grillina»: per lui hanno votato in 13. In particolare, tra i membri «togati» Viola ha ottenuto le preferenze dei 4 di Magistratura indipendente, più quella dell’indipendente Nino Di Matteo e quella di Sebastiano Ardita di Autonomia & indipendenza, la corrente fondata nel 2015 da Piercamillo Davigo su basi ideologiche più corporative e di orientamento oltranzistico-grillino. Tra i membri «laici» del Csm, hanno votato per Viola i 4 espressi da Lega e Forza Italia, più i 3 del Movimento 5 stelle.

Che Viola avesse le migliori chance era emerso già in marzo. In quinta commissione, l’articolazione del Consiglio che studia i candidati agli uffici direttivi e presenta al plenum le «rose» dei prescelti per le nomine, Romanelli era stato votato soltanto dalla consigliera Alessandra del Moro, giudice milanese che nel Csm rappresenta MD-Area e incidentalmente è moglie di Gherardo Colombo, uno dei componenti del Pool di Mani pulite. Per Viola, invece, avevano votato in due: il membro togato Antonio D’Amato, di Magistratura indipendente, e Sebastiano Ardita, che ieri ha confermato la sua scelta.

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