Draghi vede il centrodestra per un accordo (difficile) sulla delega fiscale

La tensione rimane alta intorno alla delega fiscale. I partiti, in vista dell’incontro di domani tra Lega, Forza Italia e il Premier, Mario Draghi, alzano i toni e non risparmiano critiche agli avversari. I nodi principali di discussione rimangono: il catasto, il sistema duale di tassazione e il parere vincolante del Parlamento sui decreti attuativi. L’auspicio dei partecipanti è quello di raggiungere un compromesso che rassicuri il centrodestra sul fatto che non ci saranno futuri aumenti di tassazione per gli italiani: “La delega fiscale è appesa a un filo. Tutto il centrodestra è contrario.

Mario Draghi vedrà Matteo Salvini e poi gli altri leader dei partiti per provare a trovare un compromesso. Ma esiste la possibilità di una mediazione”, dichiara il sottosegretario all’Economia, Federico Freni (Lega) a Il Messaggero. “La mediazione – continua – è il sale della politica. Il centrodestra non ha mai chiuso la porta ad un accordo, anzi, ha cercato sino all’ultimo di evitare lo scontro. Una mediazione, dunque, è sempre possibile, ed anzi è auspicabile”. A rafforzare la posizione c’è anche Forza Italia che ribadisce la sua lealtà al governo Draghi senza però rinunciare all’identità e ai principi del partito. “Per questo diciamo no a qualsiasi rischio di aumento delle tasse nella riforma del fisco, sia nel testo in discussione, sia per evitare che qualsivoglia manina sfrutti l’ampiezza della delega fiscale per aumentare le tasse sugli immobili, sugli affitti o suoi risparmi, magari con modifiche ex post o emendamenti in altri provvedimenti”. Così, in una nota, il deputato di Forza Italia, Sestino Giacomoni, membro del coordinamento di presidenza del partito azzurro. A ribadire poi la sua lealtà al centrodestra c’è anche “Noi con l’Italia” di Maurizio Lupi (nella votazione sul catasto, a causa di un voto proveniente proprio da noi con l’Italia, l’emendamento è passato): “Bisogna dare garanzie che nell’attuazione di questa riforma non vi siano derive che possano diventare strumento per aumentare le tasse. Anche nel centrodestra ci sono posizioni e sensibilità diverse, ma questo è un nostro principio guida”.

Su posizioni completamente opposte c’è invece il centrosinistra. LeU attacca Forza Italia e Lega additandoli come irresponsabili perché stanno mettendo in seria difficoltà il governo Draghi in un momento delicato: “Lega e Fi, impedendo la riforma del catasto, difendono i furbetti. Perché chi oggi difende il catasto così com’è difende la rendita di quelli che pagano meno tasse di quelle che sarebbe giusto pagare. Un intervento minimale limitato a riconoscere il valore di mercato degli immobili, senza alcun effetto sulle basi imponibili non può essere propagandato come ulteriori tasse sulla casa. Riformare il catasto non vuol dire aumento delle tasse, come continuano a ripetere stancamente da giorni Fi e Lega, ma far pagare le tasse sulla casa in modo equo. Un’operazione di aggiornamento di questi dati è semplicemente un atto di giustizia sociale”, afferma il capogruppo di LeU a Montecitorio Federico Fornaro.

Critiche appoggiate anche dal M5S. Vita Martinciglio e Giovanni Currò, rispettivamente capogruppo e vice presidente del partito in commissione Finanze, sottolineano infatti come “la delega fiscale non incide sulle aliquote fiscali, e non potrebbe neanche se ci fosse la volontà politica, perché la natura della delega non lo consente e la Ragioneria generale dello Stato interverrebbe”.

E infine il Pd che con il suo segretario Enrico Letta (e diversi deputati) ha accusato il centrodestra di stare facendo una montatura propagandistica su inesistenti aumenti delle tasse. Pronta la replica: “Enrico, ma la riforma l’hai letta? La risposta è scontata: no. Infatti, a differenza del testo licenziato all’unanimità dalla commissione Finanze, il governo ha inserito a forza l’articolo 6 sulla riforma del catasto in cui si chiede di equiparare il valore catastale a quello di mercato. Questa modifica nella realtà finirebbe per triplicare il valore degli immobili e quindi le tasse a carico di proprietari che, in questo momento, hanno già visto triplicare le bollette della luce e del gas”, attacca Giacomoni.

E infatti la delega fiscale non è l’unica preoccupazione per il governo Draghi. Ieri il Premier è andato in Algeria per trovare altre fonti di approvvigionamento, in modo da staccarsi sempre di più dalla dipendenza del gas russo. I due governi hanno firmato una dichiarazione d’intenti sulla cooperazione bilaterale nel settore dell’energia, alla quale si è aggiunto anche un accordo tra Eni e Sonatrach per aumentare le esportazioni di gas verso l’Italia. Tema, quello dell’energia, che rende attivo anche Azione, il partito di Carlo Calenda, che ha depositato in Senato un emendamento al decreto Ucraina, per aumentare l’aliquota di tassazione degli extra profitti delle aziende energetiche dal previsto 10 ad un 50%. In questo modo, secondo Calenda, si dovrebbero ricavare “16 miliardi in più per abbassare il costo delle bollette e della benzina. Si può garantire una riduzione della bolletta di circa il 30% per imprese energivore e di circa il 16-18% per imprese non energivore”. Opzione che però per il momento non ha suscitato grandi simpatie tra gli altri partiti.

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