mercoledì, 27 Novembre 2024
Siamo un paese di evasori da imprigionare; peccato non esista una prigione tanto grande
Secondo il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini in Italia dobbiamo fare i conti con 19 milioni di evasori. Provate a rileggere questa cifra, e capirete che si tratta di un numero folle: 19 milioni. Pazzesco. Considerando che in Italia vivono quasi 60 milioni di persone (centenari e neonati compresi), e considerando che più o meno 10 milioni di queste persone sono minorenni, e altri 10 milioni hanno più di 70 anni, restano a spanne 40 milioni di italiani in età da lavoro. Di questi, più o meno la metà ha una busta paga da dipendente, dove le tasse vengono sottratte alla fonte. Non prendete alla lettera questi calcoli (sebbene si tratti di dati Istat e della funzione pubblica), diciamo che è giusto per avere un’idea della mostruosità della situazione: se il direttore delle Entrate non vaneggia, qui ci troviamo di fronte a uno scenario sconcertante, perché praticamente un lavoratore su due in Italia non pagherebbe le tasse. In sostanza, l’evasore ce l’abbiamo tutti in casa, in azienda, nei partiti, nel governo, nelle istituzioni. Ovunque.
Dunque, la cifra monstre di 19 milioni di evasori, ci porta al bivio: o Ruffini ha sbagliato clamorosamente i calcoli (e in questo caso gliene chiederemo conto) oppure il nostro Paese ha un tasso di illegalità fiscale che forse si trova solo in alcuni quartieri malfamati del Sudamerica. E’ inutile che il direttore dell’Agenzia delle Entrate assicuri “sappiamo chi sono”, come se si trattasse di qualche furbetto da stanare in fondo a una grotta: 19 milioni equivalgono alla popolazione di tutta la Lombardia, il Veneto e il Piemonte messi insieme (sempre neonati compresi). Di che stiamo parlando? Dire, come fa Ruffini, che per costoro “il carcere non serve”, è null’altro che una fragorosa banalità, perché non possiamo incarcerare mezza Italia.
Per carità, che il vizio di gabbare il fisco sia terribilmente diffuso, è certamente vero. Ma se anche lontanamente questo numero terribile di Ruffini si avvicinasse alla realtà, allora vuol dire che l’intero sistema sta fallendo. Vuol dire che i meccanismi di controllo tributario sono esplosi. Ma vuol dire anche che il torchio del fisco è impazzito. Che la crisi sta affossando l’economia e anche gli introiti dell’erario. E vuol dire che oltre ai disonesti ci sono schiere di italiani in buona fede che non hanno materialmente la possibilità di pagare le cartelle. E questi italiani sono costretti a scegliere, drammaticamente, tra le tasse e la sopravvivenza.
Raccontarsi che in giro per la penisola scorrazzano 19 milioni di delinquenti, significa ingannare sé stessi. Il fisco non è più, da anni, solo un problema tributario, ma politico e culturale. Prima lo comprendiamo, meglio sarà per tutti.