domenica, 24 Novembre 2024
Il Covid ha cancellato l’influenza, nel mondo
Ad annate con un numero così basso di casi di influenza la nostra generazione non era abituata. Secondo l’agenzia dell’Unione Europea “European Centre for Disease Prevention and Control” (Ecdc), in Europa nella stagione 2020-2021 c’è stato un solo decesso e 30 casi di pazienti finiti all’ospedale per influenza. Nelle stagioni pre-Covid le cifre erano ben altre, dell’ordine dei milioni.
Nello specifico caso dell’Italia, l’incidenza annuale delle patologie simil-influenzali si è ridotta quest’anno a circa un quarto, e il numero delle morti è passato dai diecimila annuali di media a zero. Tuttavia, il fenomeno non riguarda solo l’Italia e l’Europa ma tutto il mondo. Negli Stati Uniti, come rivela una stima del Centers for Disease Control and Prevention, nella stagione 2020-2021 ci sono state 600 morti per influenza contro le 22mila della stagione passata e le 34mila di due stagioni fa.
La ragione di questo drastico calo è nota e facilmente intuibile: le misure prese per diminuire la diffusione del Covid-19, dalle mascherine alla distanza sociale, hanno impedito agli stessi virus dell’influenza di diffondersi. Se quelle misure sono efficaci per il Sars-CoV-2, che è molto più contagioso dei virus influenzali, lo sono anche per questi ultimi.
Queste sembrerebbero notizie positive, ma a ben valutare potrebbero non esserlo. Se l’incidenza dell’influenza dovesse mantenersi bassa per alcuni anni vi potrebbero essere a distanza di tempo ripercussioni negative in termini di capacità di risposta immunitaria. Infatti, essere esposti all’influenza fin da bambini significa avere la possibilità di acquisire una risposta immunitaria duratura per alcuni ceppi che circoleranno nel proprio futuro di adulti.
Un altro problema riguarderà la vaccinazione per l’influenza nel prossimo anno. Un vaccino viene costruito prendendo in considerazione quali i ceppi hanno circolato l’anno precedente, ma questa volta i casi sui quali basare le osservazioni sono troppo pochi. La speranza è che l’attuale vaccino funzioni ancora il prossimo anno, proprio perché i virus influenzali si sono diffusi poco e quindi sono anche mutati poco. Altrimenti bisognerà sperare di prevedere quali saranno i prossimi ceppi in circolazione.
La ragione per la quale un virus come il Sars-CoV-19 è così difficile da combattere rispetto a un virus influenzale è che, se la popolazione non ha una sufficiente barriera immunitaria all’inizio dell’epidemia, per fermare quest’ultima ci vuole molto tempo. Succede la stessa cosa per un incendio: se all’inizio si diffonde rapidamente e trova molto materiale combustibile sulla sua strada, spegnerlo è più difficile. Al contrario, nei confronti dei virus influenzali la popolazione ha una sorta di immunità acquisita per il fatto di essere stata esposta a diversi ceppi nel passato. Quindi nuovi virus mutati non hanno vita così facile all’inizio come accade per il Sars-CoV-19 e altri virus a noi meno familiari.
Insieme all’influenza sono temporaneamente “spariti” per motivi analoghi molti altri virus. Un esempio è il virus respiratorio sinciziale umano che provoca polmoniti infantili e ha un’immunità acquisita di breve durata. La storia insegna che i virus respiratori appaiono uno alla volta perché è solo uno a prendere il sopravvento sugli altri. Dobbiamo quindi augurarci che il virus dell’influenza ritorni presto.