Come cambia la Nato con gli eserciti di Svezia e Finlandia

di Maurizio Boni Generale di Corpo d’Armata

Le forze armate finlandesi e svedesi mantengono capacità e reputazione di prim’ordine e sono da lungo tempo interoperabili con quelle della NATO. Quando parlo di interoperabilità intendo sia quella sul terreno che quella, non meno importante, concettuale. Infatti, personale di staff dei due paesi presta regolarmente servizio nei comandi dell’Alleanza.

Dal 2014, a seguito dell’invasione russa della Crimea, i due paesi hanno approvato un piano d’azione comune in tema di difesa e sicurezza che ha incrementato sensibilmente l’interoperabilità dei rispettivi strumenti operativi. Forse l’aspetto più importante da considerare anche ai fini del prosieguo delle iniziative in tema di sicurezza future è l’idea condivisa da Helsinki e Stoccolma di considerare Finlandia e Svezia come elementi di uno stesso spazio strategico, da estendere anche alla Norvegia, altro paese con il quale vengono condivise regolarmente esperienze addestrative.

Le forze di difesa finlandesi possono contare su circa 12.000 soldati in servizio attivo, ma con la possibilità di mobilitarne in un mese circa 280.000. Sono tutti coscritti che una volta completato il servizio militare diventano riservisti. Tutti addestrati ad assolvere il compito fondamentale di difendere i 1300 chilometri di confine della Finlandia da un grande attacco russo. Questo è stato il fulcro della formazione del personale militare anche nell’ultimo decennio, a differenza della maggior parte dei paesi della NATO che avevano orientato la gestione delle rispettive risorse operative alla gestione delle crisi tralasciando il conventional warfare. E il sistema funziona benissimo. Basti pensare che In un sondaggio effettuato lo scorso dicembre, prima che l’intenzione della Russia di invadere l’Ucraina fosse evidente, il 73% dei finlandesi intervistati approvava il mantenimento del servizio militare, mentre solo il 7% era a favore di forze armate completamente professionali.

Il coinvolgimento dei cittadini nella sicurezza nazionale e il sostegno popolare alla causa della difesa nazionale si manifesta anche, e soprattutto, attraverso l’applicazione del concetto di “Difesa Totale” che condivide con la Svezia. Ciò significa che non sono solo i membri delle forze armate ad essere responsabili della difesa del paese in caso di invasione, ma ogni singolo adulto e ogni istituzione della società. Tutte le agenzie governative, i comuni, le organizzazioni di volontariato, i consigli regionali, le imprese, i sindacati, gli organismi commerciali e le organizzazioni religiose sono tenuti a prepararsi e, in caso di invasione, a partecipare alla difesa del paese.

Nel corso di difesa nazionale che si tiene annualmente della durata di tre settimane, il personale dirigente di tutti i settori della società apprendono e discutono i principi della difesa nazionale e il ruolo delle organizzazioni che rappresentano.Quando si parla di “resilienza” delle società ci si riferisce soprattutto a questi modelli. E anche per questo la mobilitazione nazionale in caso di aggressione è in grado di esprimere un livello di difesa incredibilmente efficace. Tutto questo costituisce una risorsa per la NATO.Dal punto di vista strettamente militare, la Finlandia dispone di un’ottima capacità di sorveglianza e interdizione delle acque costiere, di guerra sottomarina e di un eccellente sistema integrato di difesa aerea. Un’altra notevole abilità che la Finlandia porterebbe all’alleanza è la sua intelligence militare, l’accumulo di più di 100 anni di osservazione e analisi del potente paese della porta accanto.

Anche la Svezia porterebbe punti di forza, tra cui una marina che sta svolgendo un ruolo cruciale nel Mar Baltico e che condivide con la Finlandia un’esperienza molto importante nel campo della caccia sottomarina. Alla fine del 2020 il parlamento di Stoccolma ha approvato un incremento del 40% del bilancio della difesa per il quinquennio 2021-2025, unitamente a un piano di potenziamento dello strumento militare che include un incremento del personale militare dagli attuali 55.000 a 90.000 soldati. Il piano comprende la ricostituzione di molti reggimenti che erano stati disattivati nel corso della guerra fredda e il raddoppio del numero dei coscritti (8000) rispetto alla situazione del 2019. Si tratta del più grande incremento del bilancio della difesa in 70 anni.

Dal punto di vista politico-militare, l’ampliamento della NATO a nord estende ufficialmente il confronto strategico con la Russia, sino ad ora rimasto latente, in un’area geopolitica strategicamente rilevante sia per Mosca che per l’Europa settentrionale che comprende non solo i territori dei paesi scandinavi ma anche il profondo nord e l’Artico. Nella regione dell’Artico la Russia deve “difendere” circa 20.000 chilometri dei propri confini settentrionali e i propri interessi economici basati sullo sfruttamento delle immense riserve di idrocarburi e sulla disciplina dei transiti lungo la rotta del Mare del Nord, rotta strategica che collega l’Asia all’Europa e sulla quale il Cremlino asserisce di avere diritti esclusivi di utilizzo. Dal 2014 i russi hanno avviato un progetto su larga scala per la riapertura e il potenziamento di tutte le installazioni militari della guerra fredda che includono basi aeree e di sorveglianza radar. E’ evidente che l’aggiunta di questa nuova dimensione aumenta il livello di complessità delle dinamiche da affrontare nella ricerca del nuovo equilibrio mondiale.

Leggi su panorama.it