sabato, 16 Novembre 2024
Drone Usa uccide il leader Isis in Siria
Gli Stati Uniti hanno annunciato di aver messo a segno un nuovo colpo contro lo Stato islamico: con un drone hanno infatti ucciso Maher al-Agal, capo dell’organizzazione in Siria e uno dei principali leader del Califfato nella regione. Nel raid, avvenuto nel nord-ovest del Paese, nell’area di Jindaryis, a 56 chilometri da Aleppo, « è rimasto seriamente ferito anche un suo vice e collaboratore». Secondo quanto dichiarato, Al-Agal che è stato colpito mentra era in sella ad una moto « era responsabile di aver perseguito in modo aggressivo lo sviluppo delle reti dell’Isis al di là dei confini di Iraq e Siria».
Per Joe Buccino portavoce del Comando combattente unificato delle forze armate degli Stati Uniti (Centcom): «L’eliminazione di questo leader dell’Isis distruggerà le capacità dell’organizzazione terroristica di complottare e attuare attacchi globali. L’Isis continua a rappresentare una minaccia per gli Stati Uniti e i partner nell’area. Manteniamo una presenza sufficiente nella regione e continueremo a contrastare minacce alla sicurezza dell’area, ha aggiunto Buccino».
L’operazione è arrivata poco prima che entrasse nel vivo la prima visita in Medio Oriente del presidente americano Joe Biden, che farà tappa in Israele e in Arabia Saudita, ed è l’ultima in ordine di tempo condotta dalle forze americane nel nord-ovest della Siria contro i terroristi dell’Isis, che hanno trovato rifugio nell’area ancora controllata dalle forze ribelli dei gruppi di estremisti islamici. Joe Biden nel confermare la morte di Al-Agal ha dichiarato che: «la sua morte è un messaggio potente a tutti i terroristi che minacciano la nostra patria ed i nostri interessi in tutto il mondo. Gli Stati Uniti saranno implacabili nei loro sforzi per assicurarli alla giustizia». Prima di Maher Al-Agal era stata la volta di Ahmed al-Kurdi catturato in un raid a metà giugno dalle forze americane : «Al-Kurdi, noto come Salim, stava dando ordini per la costruzione di dispositivi esplosivi e per attacchi alle forze americane e della coalizione», avevano spiegato in un comunicato i vertici del Pentagono. Sempre un drone aveva posto fine alla vita, nel febbraio scorso, di Abu Hamzah al Yemeni, leader di un gruppo terroristico affiliato ad al-Qaeda. Droni protagonisti anche nell’attacco del 3 febbraio 2022 avvenuto nel nord della Siria, nel quale il leader dell’Isis Abu Ibrahim al-Hashimi al-Quraishi si uccise prima di essere catturato delle forze speciali americane. Nonostante le continue operazioni e le uccisioni dei suoi leader lo Stato islamico resta una minaccia costante vista la sua capacità di adattarsi ad ogni scenario e alla sua abilità di attrarre nuove leve ovunque basti pensare all’incredibile crescita del fenomeno jihadista in Africa.
Secondo l’analista strategico Franco Iacch «l’attuale strategia post-califfato dello Stato islamico non è subordinata al controllo territoriale. L’insurrezione rurale e il combattimento nel deserto non sono meno importanti della guerriglia urbana come mezzo per raggiungere gli obiettivi e assicurare la prossima evoluzione dello Stato islamico. Alla rete terroristica clandestina spettano azioni meno frequenti e più dispersive. Le organizzazioni terroristiche sfruttano le condizioni locali, come l’instabilità, i conflitti politici e settari per raggiungere obiettivi generali condivisi senza un coordinamento organizzativo centrale. La forza centrale di queste organizzazioni è la loro base radicalmente islamica che ha un’ampia portata e che permette loro di continuare a produrre nuovi gruppi terroristici». La forza militare è necessaria, ma ha un effetto temporaneo poiché i terroristi sono in continua evoluzione e adattamento che a sua volta si traduce in longevità.
Alcuni fattori secondo Iacch «che determinano un ambiente permissivo alla radicalizzazione: ad esempio dove i giovani attribuiscono la loro relativa deprivazione all’ingiustizia strutturale, in presenza di apparati di sicurezza allo sbando, ascesa e successivo controllo di una forma più politica e pragmatica di islamismo, la presenza di reti preesistenti di tipo jihadista o militante e mancanza di coordinamento regionale o internazionale o, peggio, di attori regionali a sostegno di gruppi rivali. La propaganda enfatizza le percezioni dell’ingiustizia condivise da ampi strati della popolazione, in particolare quelli delle regioni emarginate e delle periferie urbane povere che più spesso incontrano la brutalità dello stato, la corruzione e l’esclusione sociale. Per guadagnare legittimità e fare proselitismo, ad esempio, Stato islamico ed al-Qaeda fanno ampio ricorso alle narrazioni sulle “persecuzione dei musulmani”. Indicando diversi esempi di persecuzione musulmana in tutto il mondo, le organizzazioni terroristiche propagano l’idea che la vita di un musulmano è considerata di minor valore. Il terrorismo si diffonde nelle società frammentate dove il tessuto economico e sociale è distrutto dalla povertà. L’influenza dei jihadisti è più un prodotto dell’instabilità che il suo motore principale».