Il centrosinistra bloccato dalla lite Letta-Calenda. Ed è solo l’inizio

Alzi la mano chi vorrebbe essere oggi nei panni di Enrico Letta. La giornata politica odierna infatti ha raccontato tutti i problemi (insormontabili) che il segretario del Pd si trova davanti. La situazione infatti è drammaticamente chiara. Tra meno di tre settimane vanno presentate le liste delle elezioni anticipate del 25 settembre. Letta quindi ha meno di 21 giorni per stabilire alleanze ed accordi.

I sondaggi poi ci mettono del loro. Senza l’accordo con il Movimento 5 Stelle che sembra ormai impossibile (ma, mai dire mai, dicono nei corridoi dei palazzi della politica) la distanza con il centrodestra oggi si aggira tra i 12 ed i 14 punti. Stando ai sondaggi quindi la lotta soprattutto nei collegi uninominali sarebbe impari, con l’80% dei seggi destinati al centrodestra. Il che porterebbe un’ampia maggioranza alla Camera ed al Senato.

Così Letta oggi ha guardato solo a Carlo Calenda; il leader di Azione fa gola a molti, per il suo pacchetto di voti (il più corposo di tutto l’emisfero dei partitini di Centro) e per i nomi da mettere in vetrina, tra cui il tris dei ministri ex Forza Italia, Gelmini, Carfagna, Brunetta.

Il problema è che Calenda ha posto, chiare, le sue condizioni. In un video ha spiegato chiaramente il suo no all’alleanza nei collegi con gente come Fratoianni « che ha votato 55 volte contro il governo Draghi”, non candidare Bonelli «che non vuole il termovalorizzatore a Roma, e non candidare Di Maio «Che ha distrutto tutto il mio lavoro al Mise ed è uno dei politici più trasformisti della storia». Clenda poi ha chiesto chiarezza sul programma e la cosiddetta agenda Draghi, altrimenti si tratterebbe di «un’accozzaglia piena di idee diverse, totalmente incoerente e di scarsa qualità». Più che delle condizioni, una vera e propria dichiarazione di guerra (alla faccia dell’unità del centrosinistra).

Dal Nazareno si abbozzava una risposta dopo la Direzione Nazionale: «Si proceda ad un’alleanza delle forze che avevano sostenuto Draghi, senza veti. Ogni divisione è un regalo alla destra».

Peccato che la dichiarazione priva di alcun contenuto veniva respinta da Calenda al mittente nel giro di pochi minuti: «Enrico Letta – ha scritto su twitter – sei troppo intelligente per considera questo appello una risposta. Vediamoci oggi e chiudiamo, in un senso o nell’altro. Così ci facciamo male tutti».

Con le spalle al muro, Letta ha provato una controffensiva più energica, svelando un curioso retroscena: «Io e Calenda tre giorni fa ci siamo stretti la mano e ci siamo messi d’accordo su una strada, ma se tutto salta tre giorni dopo, vuol dire che non serve a niente».

Come due fidanzati in crisi ecco, la controreplica di Calenda: «Si ai patti chiari, legittimo dire non riesco. Sui temi; agenda Draghi si, no a bonus e tasse (leggasi l’ultima proposta di patrimoniale avanzata dal leader del Pd). Risposte nette sui rigassificatori e la modifica del Reddito di Cittadinanza».

La palla è rimbalzata così da un campo all’altro, e se questa è la base di partenza se mai ci sarà alleanza sarà al ribasso, soprattutto per il povero Letta. Calenda infatti ha già dimostrato di avere la forza di andare da solo davanti agli elettori, come successo alle comunali di Roma.

In tutto questo il centrodestra (la coalizione che dovrebbe essere lacerata dalla leadership della Meloni) lavorava sul programma, spettatore delle liti nel campo avversario.

Ps. Notizia di cronaca politica. Di Maio ha presentato oggi il suo partito, «Impegno Civico». Se ne sentiva davvero il bisogno.

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