giovedì, 28 Novembre 2024
Taiwan, un insieme di tunnel, arcipelaghi e basi protette
La tensione attorno a Taiwan resta altissima. Durante le imponenti esercitazioni di ieri dell’esercito cinese per ben 4 volte aerei e navi di Pechino hanno superato il punto di non ritorno, cioè la linea mediana dello stretto che divide l’isola dalla Cina. Un’invasione cinese quindi non è più solo un’ipotesi fantascientifica, ma qualcosa che potrebbe davvero accadere da un momento all’altro.
Guai però a pensare che possa essere tutto facile per Pechino ed i suoi soldati (come già dicevamo nella nostra prima parte di analisi). Le insidie morfologiche oltre che belliche sono innumerevoli.
Fanno parte di Taiwan le circa 90 isole Penghu, alcune poco più che scogli ma un ostacolo a qualsiasi forza d’invasione navale. Estremamente ben fortificate, le isole più grandi sono equipaggiate di missili antinave e antiaerei, sistemi radar d’allerta precoce e truppe ben addestrate che rileverebbero facilmente la presenza di una grande flotta di invasione e sarebbero in grado di riferire sui suoi movimenti e infliggere danni ai lenti convogli da trasporto prima ancora che questi raggiungano le teste di ponte. Motivo per cui queste isole dovrebbero essere prese dalla Cina proprio all’inizio di qualsiasi conflitto.
Il principale fornitore di armi di Taiwan, gli Usa, fino a oggi hanno venduto a Taipei solo sistemi d’arma difensivi, fatto per cui l’isola si è dovuta fortificare realizzando rifugi e sistemi di comunicazione protetti, ma dopo la ratifica da parte del Senato per 4,5 miliardi di dollari di armamenti potrebbe anche acquisire sistemi d’arma moderni capaci di impegnare le forze cinesi per mesi.
Grande rilevanza avrebbe la guerra informatica, che giocherebbe un ruolo importante nel neutralizzare le difese di Taiwan prendendo di mira attivamente il comando e il controllo e le infrastrutture del paese. Ma anche con le infrastrutture accecate, Taiwan sarebbe comunque in grado di difendersi bloccando gli attacchi informatici cinesi grazie a una rete sviluppata in modo autonomo che utilizza tecnologia propria.
Durante le esercitazioni militari taiwanesi dello scorso settembre, la forza aerea si è addestrata a operare decollando dalle autostrade, una pratica utile nel caso in cui un potenziale attacco mettesse fuori combattimento le piste degli aeroporti. L’aviazione (Rocaf) è piccola ma efficiente, composta da 400 velivoli da combattimento, quasi la metà dei quali sono F-16 modernizzati nell’avionica e l’altra metà caccia francesi Mirage 2000. Una parte di questi sono ben protetti in shelter sotterranei sepolti nelle profondità delle catene montuose dell’isola con piste ricavate anche sui fianchi dei pendii.
La base dello Heng Shan Military Command Center, il centro di comando strategico, è costruita sotto una montagna vicino a Taipei ed è progettata per ospitare migliaia di persone, consentendo loro di lavorare, vivere e combattere durante qualsiasi attacco. Il complesso sotterraneo ha anche un contatto diretto con il Comando Indo-Pacifico degli Stati Uniti alle Hawaii, alimentando e ricevendo dati vitali da radar di allerta precoce, aerei di sorveglianza e satelliti.
Qualora cadesse in mano cinese, si attiverebbero anche centri di backup nel sud dell’isola negli ampi tunnel costruiti nel complesso delle Stone Mountain, presso la base aerea di Chihhang. Queste basi sotterranee sono tutte collegate da tunnel e comunicazioni cablate. Esistono più postazioni ridondanti, quindi se un complesso viene distrutto altri prendono il controllo e continuano a svolgere un ruolo nella battaglia. L’avanzato radar di allerta precoce ad altissima frequenza di Taiwan è in grado di rilevare i lanci di missili e le traiettorie di volo molto prima delle nazioni vicine. Qualsiasi missile lanciato contro obiettivi statunitensi come la base aerea Andersen, sull’isola di Guam, che si trova 2.700 km a sud-est, dovrebbe sorvolare lo spazio aereo taiwanese, che avvertirebbero gli alleati dell’attacco.