mercoledì, 27 Novembre 2024
Ricomincia la scuola, ma stavolta che riparta davvero
La partenza falsa della scuola italiana ormai non fa più notizia. Ogni anno, in settembre, il popolo della scuola si avvicina alla prima campanella con il timore di chi sa già che toccherà attingere al serbatoio della pazienza. E così anche quest’anno l’inizio è accompagnato da mille interrogativi, peraltro sempre gli stessi: cattedre vacanti, concorsi non conclusi, orari provvisori, tempi incerti, lavori promessi e mai iniziati, o non ultimati, palestre ancora non agibili, previsioni disastrose e smentite di rito. A queste preoccupazioni, in questi giorni se ne aggiungono altre legate ai libri sempre più cari, alla precarietà dovuta al rientro – che sarà per tutti e dopo tanto tempo senza mascherine e distanziamenti – e a una crisi energetica che potrebbe portare a decisioni anche assai rilevanti per molti istituti, come la possibilità di introdurre per decreto la settimana corta in corso d’opera dovendo risparmiare sui riscaldamenti, con il rifacimento degli orari e la rimodulazione degli impegni di tutti. Poche, al contrario, le certezze, se non quella per cui toccherà navigare a vista, ancora una volta.
Il rischio è quello che ci si limiti a ricominciare il nuovo anno nella solita scuola, uno scenario poco esaltante, perché senza energie, investimenti, forza, lungimiranza e identità. Tutto il contrario di ciò che dovrebbe essere l’impresa educativa e la relazione con chi si mette in ascolto per imparare.
Ricominciare con queste premesse significa disinnescare ogni tipo di entusiasmo, quello di chi comincia in prima elementare, quello di chi incontrerà Dante, quello di chi inizia l’ultimo anno. Ricominciare per ricominciare significa procedere per anzianità, ed è quello che accade puntualmente nella nostra scuola: è così per il progresso delle carriere dei docenti, che carriere non sono, ma solo invecchiamento. E’ così per gli studenti che approdano alle classi successive, poiché si boccia sempre meno, specie nelle prove d’esame, nonostante non migliorino certo i dati – e le sensazioni sul campo – relativi alle conoscenze e alle competenze acquisite dagli studenti. E bocciare peraltro non è la soluzione a tutto ciò, sia chiaro, ma un eventuale esito previsto nel caso di un percorso andato male.
Ecco, la scuola non può più permettersi di limitarsi a riaprire i cancelli lucchettati a giugno e rispolverati in questi giorni andando avanti per inerzia.
Serve una ripartenza innanzitutto dell’istituzione, con un ministro nuovo – sarà incaricato verosimilmente tra poco più di un mese – che abbia a cuore la scuola come ambiente di sviluppo culturale, relazionale e sociale, che abbia la capacità e la disponibilità di ascoltare e intrecciare i bisogni di tutti coloro che costituiscono la scuola, e che abbia soprattutto quel peso politico necessario per mettere l’istruzione tra le priorità dell’azione di governo, e non sempre tra le emergenze solo quando diventa necessario mettere una pezza, un rammendo.
La scuola riparta come esperienza quotidiana serena, arricchente, di confronto e di fiducia per chi la fa lavorandoci, frequentandola, essendone coinvolti come genitori, come nonni. L’augurio è che la scuola riparta con nuove energie già dal 12 settembre dai singoli, da ogni aula, quindi dal basso.
La scuola riparta con e per i docenti che trovino le forze, il desiderio e la cura per svolgere al meglio l’anno in cattedra, non perché è una missione o in attesa che gli stipendi divengano finalmente dignitosi, ma perché è professionale, giusto e bello che sia così.
La scuola riparta con e per gli studenti che mettano in conto di incontrare la complessità e la sua bellezza, che implica anche impegno, fatica e talvolta fallimento.
La scuola riparta con e per gli studenti che siano nella predisposizione di accogliere le indicazioni di chi ha il ruolo o il compito di guidarli in quest’anno di cui ogni giorno sarà un metro di strada percorsa, tra conoscenze e scoperte, momenti di crisi e di soddisfazione.
La scuola riparta con e per i genitori coinvolti nell’impresa dell’istruzione e disposti al dialogo franco, anche se farà emergere realtà poco piacevoli con cui confrontarsi e da accogliere, gestire, risolvere.
Ecco, l’augurio è che la scuola riparta da ciò che la costituisce nel profondo, vale a dire dalle persone e dalla relazione tra chi, in ruoli diversi, ogni giorno contribuisce a renderla l’ambiente che è, in una stanza del ministero, a Trastevere, o in un’aula di un paesino sperduto o del centro città.
Proprio cento anni fa Thomas Sterne Eliot, nella sua Terra Desolata, scriveva “su questi frammenti ho puntellato le mie rovine”, riferendosi alla cultura e ai suoi maestri che lo hanno salvato in un panorama di devastazione e degrado. Ecco, che la scuola raccolga questo suggerimento e si rialzi ripartendo dalla cultura che la innerva, dai maestri che accoglie e che presenta, dalle persone che la costituiscono. Ci sono rovine dappertutto e poco di promettente in vista, ma talvolta basta raccogliere frammenti di bellezza, di passione e di vita per farcela.
Buon anno scolastico a tutti, anche a te, scuola.